Sabato 20 Aprile 2024

Cervello, individuata la 'culla' della schizofrenia. "Non è dove si pensava"

La ricerca italiana contraddice la teoria finora più accreditata

Cervello umano

Cervello umano

Roma, 17 aprile 2018 - Una nuova scoperta italiana apre orizzonti inesplorati nella lotta alla schizofrenia. Il Centro per i sistemi di neuroscienze e cognitivi (Cncs) dell'Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) a Rovereto ha individuato infatti nell'organo principale del sistema nervoso centrale la 'culla' della malattia. E' stato trovato, cioè, l'insieme delle aree coinvolte nelle distorsioni della percezione tipiche della schizofrenia. "È il primo passo per programmare terapie farmacologiche più mirate", ha detto il coordinatore del gruppo di ricerca, Angelo Bifone. La scoperta è stata pubblicata su Neuroimage. 

LA RICERCA - La ricerca italiana contraddice la teoria finora più accreditata, per la quale allucinazioni e alterazioni della percezione hanno origine nella corteccia frontale, l'area del cervello che controlla le funzioni cognitive elevate come il linguaggio e la programmazione di azioni. Il confronto delle immagini dell'attività del cervello rilevate con la tecnica della risonanza magnetica funzionale in 94 persone sane e in altrettante malate di schizofrenia indica invece che le aree della corteccia frontale non sono alterate, ma che avvengono alterazioni della percezione iniziale del segnale che si riverberano sulle funzioni cognitive superiori, alterandole. Per la prima autrice della ricerca, Cécile Bordier, ciò indica che "la comunicazione è già alterata ad un livello molto basso dell'elaborazione del segnale". Si è visto così dove ha origine il malfunzionamento della comunicazione tra le aree della corteccia cerebrale, chiamato frammentazione della connettività funzionale.

COS'E' LA SCHIZOFRENIA - La definizione di schizofrenia (dal greco "Scissione della mente") fu coniata dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler nel 1908.  La malattia consiste in una psicosi cronica caratterizzata dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell'affettività, da un decorso superiore ai sei mesi, con forte disadattamento della persona ovvero una gravità tale da limitare le normali attività di vita del malato. In parole più semplici, le persone con questo disturbo possono soffrire di allucinazioni, "sentire voci", credere che altri leggano le loro menti o controllino i loro pensieri, oppure che complottino per far loro del male.