Mercoledì 24 Aprile 2024

L'allarme: ecco quanta plastica serve per uccidere le tartarughe marine

Un nuovo studio scientifico lancia l'allarme sull'inquinamento di mari e oceani: è sufficiente poca plastica ingerita per causare la morte delle tartarughe

Foto: CMP1975/iStock

Foto: CMP1975/iStock

Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Nature sostiene che basta relativamente poca plastica per uccidere una tartaruga di mare e che di conseguenza dev'essere preso ancora più seriamente il crescente inquinamento di mari e oceani. PLASTICA E TARTARUGHE DI MARE Secondo quanto affermato dalla prima firmataria della ricerca, Britta Denise Hardesty, possiamo presumere che la plastica gettata in acqua abbia un impatto negativo su circa settecento specie marine. Focalizzandosi sulle tartarughe, gli studiosi hanno effettuato trecento autopsie su animali morti in Australia e li hanno suddivisi in tre differenti categorie: quelli deceduti per cause non legate alla plastica, quelli per cause sconosciute e quelli per colpa della plastica. Confrontando le prime due con l'ultima, hanno poi determinato l'ammontare di plastica ingerita che può considerarsi letale (le varie tartarughe avevano nell'intestino da uno a 329 pezzi). QUANTA PLASTICA SERVE PER UCCIDERE UNA TARTARUGA? Le conclusioni di Hardesty e soci sono che, rispetto a un normale dato di mortalità, un animale che ha ingerito quattordici pezzi di plastica ha il 50% di probabilità in più di morire. Se ne ha mangiati almeno 226 allora il decesso è certo. Inoltre, è emerso che gli esemplari più giovani sono quelli che hanno evidenziato una maggiore presenza di plastica nell'intestino: secondo i ricercatori, questo potrebbe dipendere dal fatto che gli adulti sono meno propensi a ingerirla per errore. PICCOLI DUBBI In passato altri studi hanno presentato dati differenti. Ad esempio, in quello della biologa Jennifer Lynch si sostiene potrebbero essere necessari molti più pezzettini di plastica per provocare il decesso degli animali: non è escluso che le conclusioni di Britta Denise Hardesty siano state in parte distorte dall'analisi di esemplari morti. È un'osservazione che ovviamente non nega il problema dell'inquinamento, ma che getta una luce più ottimistica sul destino delle tartarughe di mare, soprattutto tenendo conto del fatto che gli esemplari giovani sembrano davvero essere quelli più a rischio. Leggi anche: - La birra Carlsberg dice addio agli anelli di plastica - Il Giappone vuole abolire il divieto di cacciare le balene - L'inquinamento dell'aria uccide 1.000 persone al giorno