Madri surrogate per salvare la specie: un tentativo che parla anche italiano

In atto un progetto che coinvolge anche un'azienda di Cremona per far nascere cuccioli di rinoceronte bianco settentrionale

Nabiré, femmina di rinoceronte bianco (Ansa)

Nabiré, femmina di rinoceronte bianco (Ansa)

Roma, 20 marzo 2018 - Fecondazione in vitro e madre surrogata per salvare la specie del rinoceronte bianco settentrionale, del quale rimangono al mondo soltanto due esemplari, due femmine, in una riserva del Kenya. È il tentativo nel quale sarà coinvolta anche una azienda italiana, la Avantea di Cremona, insieme all'istituto IZW di Berlino e al Kenya Wildlife Service. Lo riferisce la ong animalista Wild Aid sul suo sito.

Il rinoceronte bianco settentrionale è stato sterminato dai bracconieri fra gli anni Settanta e Ottanta nell'Africa centrale, fra Uganda, Repubblica Centrafricana, Sudan, Ciad e Repubblica Democratica del Congo. Nel 2009 ne rimanevano solo 4 esemplari, due maschi e due femmine, nello zoo di Dvur Kralové nella Repubblica Ceca. Gli esemplari quell'anno furono trasferiti nella riserva kenyana di Ol Pejeta, sperando che si riproducessero, ma senza successo. Uno dei maschi, Suni, è morto nel 2014, l'altro, Sudan, è morto l'altro giorno. Restano solo due femmine di questa specie, Najin (sorella di Sudan) e Fatu, figlia di Najin, entrambi incapaci di riprodursi naturalmente. I ricercatori negli anni hanno congelato lo sperma di vari esemplari di rinoceronte bianco settentrionale, e cercheranno di salvare la specie con la fecondazione artificiale. L'intervento di Avantea e degli altri, mai provato sui rinoceronti, prevede il prelievo di ovuli dalle due femmine sopravvissute, la fecondazioni di questi con lo sperma congelato e l'impianto degli ovuli fecondati in «madri surrogate». Queste sono femmine di rinoceronte bianco meridionale, una specie simile che vive in Sudafrica e della quale sono rimasti circa 20.000 esemplari. Per finanziare l'operazione è stata lanciata una raccolta di fondi da Ol Pejeta e dallo zoo di Dvur Kralové.  [email protected]