Venerdì 19 Aprile 2024

La Lav si schiera con gli attivisti che occuparono lo Stabulario

Venerdì 28 aprile si apre il processo agli aderenti al Coordinamento Fermare Green Hill che si introdussero nell'Università di Milano

Cavie da laboratorio in una foto AFP

Cavie da laboratorio in una foto AFP

Milano, 27 aprile 2017 - Venerdì 28 aprile inizierà il processo agli attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill che, il 20 aprile 2013, occuparono lo stabulario del Dipartimento di Farmacologia dell’Università Statale di Milano. Infatti, a distanza di quattro anni, i 5 attivisti che si erano legati con lucchetto per il collo ai maniglioni antipanico delle porte dello stabulario, dovranno rispondere dei reati di invasione di edificio pubblico, violenza privata e danneggiamento (di fatto nulla fu danneggiato ma i ricercatori ritengono che col solo ingresso siano stati vanificati anni di ricerca). E' quanto riferisce una nota della LAV.  "La LAV esprime solidarietà per gli imputati e venerdì sarà presente, con il presidente  Gianluca Felicetti e con la biologa Michela Kuan (Responsabile LAV Area Ricerca senza Animali), davanti al Tribunale di Milano, con un pacifico presidio per sostenere i ragazzi coinvolti nel processo, chiedendo per loro di essere #assoltipergiustacausa. Vogliamo essere al fianco di una battaglia simbolo dell’antivivisezionismo e per dare voce a chi non ce l’ha: gli animali “da laboratorio”" riporta ancora il comunicato.   "Chi difende la sperimentazione animale si trincera dietro l’alibi del “fine che giustifica i mezzi”, teoria che scientificamente non trova riscontro, visto che il modello sperimentale animale fallisce in oltre il 95% dei casi. Ma nel nostro Paese, incredibilmente, trovano pubblicamente sostegno anche coloro che dipingono la vivisezione come una procedura “umana” e indolore per gli animali", prosegue la nota.   "Le evidenze fattuali e documentali emerse durante l’occupazione degli attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill, rappresentano l’ennesima prova di come gli animali usati nelle procedure sperimentali soffrano fisicamente e psicologicamente, per poi arrivare al termine ultimo della morte. Gli animali vengono impilati come libri, senza nessun arricchimento ambientale, spazio adeguato per muoversi o luoghi in cui nascondersi. I roditori hanno un comportamento complesso, basti pensare al classico topolino che capace di creare una tana labirintica nel battiscopa: il fatto di lasciarli in una minuscola scatola vuota, con solo una griglia e un abbeveratoio, è una privazione delle condizioni minime per l’espressione delle loro necessità comportamentali". "Leggendo i protocolli sperimentali autorizzati, possiamo scoprire cateteri inseriti tra le vertebre per somministrazione costante di sostanze da testare, mini-pompe con cui l’animale dovrà convivere fino al termine dell’esperimento, modelli per Alzheimer, topi transgenici e obsoleti test per infiammazioni polmonari da fumo di sigaretta di cui è nota la non trasferibilità/utilità dei dati sperimentali nell’uomo. E ancora, studi sull’alimentazione, di cui avremmo infiniti dati da pazienti umani volontari, dove viene indotta  osteopenia per stabulazione in superficie ridotta e manipolazione dietetica: in pratica significa non potersi muovere e morire di fame", si legge ancora nel comunicato LAV. "E può capitare che semplici tirocinanti con laurea triennale abbiano letteralmente in mano la vita e il dolore di esseri senzienti, mentre sono tante le attese di guarigione dei malati".   “Da 40 anni contestiamo la valenza scientifica della sperimentazione animale, dunque la sua utilità per la collettività, in quanto nessun animale può essere modello sperimentale per altre specie - spiega la LAV – E  sul piano etico riteniamo inaccettabile il trattamento inflitto agli animali ‘da laboratorio’: in tribunale speriamo emergano questi orrori, per dare speranza alle vittime chiuse nei laboratori e a sostegno della ricerca giusta e morale, in grado di salvare vite” conclude la nota. Per contatti con la nostra redazione: [email protected]