Genova. La cernia Marta non vuole morire e il ristoratore gentile la riporta in mare

Commozione, sul web, per la storia del pesce pescato in mattinata e, a pranzo, ancora deciso a lottare per poter respirare anche se già sistemato in teglia

La cernia Tina

La cernia Tina

Genova, 17 gennaio 2018 - C'è una nuova sensibilità nelle cucine europee, quella sensibilità che ha portato per esempio la Svizzera a proibire l'immersione in acqua bollente delle aragoste ancora vive. Una nuova sensibilità arrivata anche nelle cucine di un piccolo ristorante di Camogli (Genova), nel Levante ligure, che ha salvato dalla teglia Marta, una cernia da due chili pescata poco lontano da lì. La storia di Marta la cernia e del ristoratore dal cuore tenero è ormai diventata virale sul web e inizia ieri, quando l'uomo, un ex poliziotto con il pallino della buona cucina, acquista la cernia dal pescatore. La cernia, ancora viva, finisce nelle cucine.

La sua destinazione finale è certa: la teglia, pronta per farla diventare un filetto. E nella teglia Marta finisce, ma pur essendo fuori dall'acqua ormai da qualche ora, non si decide a morire. Il titolare del ristorante, Riccardo Braghieri, torna in cucina e vede la cernia che apre e chiude le branchie. Si commuove, non riesce a dire ai cuochi di metterla in forno così. E allora torna in sala, individua un cliente amico e gli chiede un favore: riportare la cernia in mare. Braghieri si era commosso davvero: «In cucina questa volta ci siamo impietositi tutti perché quella cernia sistemata in una pirofila ancora viva - ha detto -. Muoveva le branchie come se non volesse rassegnarsi alla morte».

Discute con l'amico, lo porta in cucina, anche lui vede la cernia che boccheggia e si convince: deve riportarla in mare. Prima però Braghieri decide di darle un nome: la chiama Marta, cone la gallina di Lupo Alberto, va a prendere un catino e l'affida all'amico. «Il bello è che lui - ha detto ancora Braghieri -, commosso come me mi ha anche proposto di restituirmi i 70 euro che avevo pagato al pescatore. Gli ho risposto di no: Marta l'avevo comprata e io la volevo liberare». Il cliente sistema Marta con tutta la cura possibile nel catino e dopo avere raggiunto una vicina spiaggia si rimbocca i pantaloni e entra in mare: cammina per un paio di metri con i piedi in acqua e poi libera Marta. Il grosso pesce ci mette un attimo a sparire, le cernie amano fondali rocciosi e ricchi di grotte e fenditure. Così Marta ha ritrovato la libertà e la sua storia ha fatto il giro del Paese confermando un'attenzione nuova alle creature viventi, anche quelle con le branchie. [email protected]