Cina. Dietro il commercio della carne di cane non c'è l'industria ma le gang

Indagine sotto copertura lunga quattro anni degli investigatori di Animals Asia in tutte le regioni del Paese. Collegato al fenomeno l'aumento della criminalità organizzata

Cani destinati al macello in Cina

Cani destinati al macello in Cina

Roma, 10 giugno 2015 - Un’indagine sul commercio di carne di cane, resa nota oggi da Animals Asia e durata 4 anni, ha smentito l’esistenza nel paese di un sistema di allevamento su larga scala. In realtà, confermando un’ipotesi più volte avanzata, la maggior parte di quella che viene definita “carne di cane”, proviene da esemplari randagi o sottratti ai legittimi proprietari. 

L'indagine ha riguardato 15 città di 8 province nel nord, nel sud e nella zona centrale della Cina, dove la carne di cane è prevalentemente consumata.Gli allevamenti di cane individuati e visitati si sono rivelati di piccole dimensioni, certamente non in grado di soddisfare, in nessuna maniera, l’appetito del paese. I mezzi d’informazione ritengono che oltre 10 milioni di cani vengano macellati ogni anno per la loro carne in Cina; eppure, nessuna delle fattorie visitate durante le nostre lunghe indagini ha mostrato la benché minima evidenza che esistano strutture di grosse dimensioni, con numeri che sono decisamente al di sotto delle cento unità. La fondatrice e presidente di Animals Asia Jill Robinson, ha detto: “Le nostre indagini hanno sottolineato con forza un punto che chiunque sia esperto di questi traffici sospetta da tempo, ossia che la maggior parte della carne di cane in Cina proviene da animali rubati alle legittime famiglie e che la disinformazione e l’illegalità dilagano in ogni passaggio di questo crudele business.” 

Nella provincia di Jiaxiang, a Shandong, considerata una delle zone del paese dove questi allevamenti sono più diffusi, le ricerche di Animal Asia hanno rilevato scarsissime prove dell’esistenza di un’attività su larga scala  finalizzata al consumo alimentare di carne di cane. Se è vero che da una breve ricerca online si possono trovare più di 100 allevamenti – offrendo così l’impressione di un settore prospero – in realtà molti sedicenti fattorie facevano capo alla stessa struttura indicata con nomi diversi, e nessuna di esse aveva in loco più di 30 cani. 

Un lavoratore anonimo della Fankuai Dog Meat Products, ha dichiarato: “Un tempo c’erano grandi allevamenti, ma ora non più: non sono più sostenibili. Ne avevamo uno anche noi prima, ma più grande diventava e più era alto il rischio che i cani contraessero malattie; per di più i costi erano diventati proibitivi. La spesa per allevare un cane era cresciuta enormemente, molto più del prezzo sul mercato della sua carne.” Irene Feng, responsabile del programma Cani e Gatti di Animals Asia, aggiunge: “E’ questa la ragione per cui appellarsi a una presunta regolamentazione del commercio di carne di cane e gatto è completamente privo di senso. Tale attività non può essere legittimata perché si regge unicamente sulla criminalità senza scrupoli. Anche chi lavora in questo settore sa bene che non esiste un futuro legale, c’è solo una crudele e terribile condizione ad alimentare lo stato in atto, altrimenti avremmo senz’altro la fine del consumo di carne di cane e gatto. Da questo punto di vista riteniamo inevitabile che tale pratica cessi, e cerchiamo di fare in modo che accada adesso.”  Il report ha avvalorato la convinzione che i cani non possono essere allevati con profitto su larga scala:  a causa dei costi necessari per nutrirli; per la natura territoriale di questa specie, che li porta a combattere quando confinati in piccoli gruppi;  e per il rischio di gravi malattie come la rabbia. 

Nel 2014, Xia Zhaofei, Responsabile di Medicina Clinica all’Università di Agraria a Pechino,aveva detto: “La nostra tecnologia attuale potrebbe permettere lo sviluppo di un’industria del settore, ma implicherebbe costi insostenibili proprio perché troppo sofisticata e difficile da portare avanti: se qualcosa andasse storto, ci sarebbero un sacco di vittime. La carne di un cane allevato in una fattoria sarebbe troppo cara e il suo prezzo si aggirerebbe sui 100 RMB (oltre 16 dollari americani), per mezzo kg, se tutto va bene”. 

Fra il 2011 e il 2014, il prezzo della carne di cane ha subito un’impennata, passando dai 6.5 RMB ai 23 RMB per 0.5 kg. Quando interrogati, alcuni lavoratori della struttura dicevano di far parte di un allevamento che opera su larga scala; ma i pochi cani rinvenuti in loco testimoniavano semmai l’esistenza di  un modello “ a conduzione domestica”, dove un allevamento principale che riforniva di cuccioli le strutture limitrofe impegnate a far crescere gli animali. In ogni caso, nessuna fattoria è stata in grado di fornire i dettagli della rete di cooperative finalizzata all’allevamento dei cani, e ulteriori indagini nei villaggi vicini hanno evidenziato che gli abitanti non sapevano nulla dell’esistenza di un tale sistema. 

Di fatto, il dossier di Animals Asia sulle abitudini di chi alleva cani nelle aree rurali della Cina, ha rilevato che il 99.6% di essi non lo fa per profitto.Le evidenze e le testimonianze raccolte nella nostra indagine suggeriscono che il mercato di carne di cane in Cina non ha dimensioni industriali, con vaccinazioni e standard igienici stabiliti per legge. Se così fosse, infatti, l’attività non sarebbe sostenibile in termini economici. 

La storia del Festival di Yulin, che si terrà il 22 giugno 2015, mostra chiaramente una contraddizione di fondo: se il mercato della carne fosse obbligato a conformarsi alla normativa cinese vigente, i profitti crollerebbero.  Nel 2014 le autorità di Yulin hanno reso più stringenti le normative sulla sicurezza alimentare nel corso dell’annuale ricorrenza, e per questa ragione il numero di cani macellati e mangiati è sceso dell’80%. La verità è dunque che i cani nelle tavole cinesi sono animali d’affezione, un tempo guardiani delle case, strappati all’amore delle proprie famiglie. E questo succede a causa della presenza di violente gang di ladri di cani. La rete criminale è estesa, anche se qualche località sfugge al controllo di questi criminali, specialmente nelle aree rurali della Cina.

Nella Primavera del 2013, Animals Asia ha studiato come vivono i cani nelle zone di campagna delle più grandi città cinesi e a quali rischi terribili vanno incontro. Sono state raccolte e analizzate 1.468 risposte fornite da 771 abitanti in 28 province, prefetture autonome e municipalità.  A sorpresa, il 70% degli abitanti intervistati ha dichiarato di aver misteriosamente perso un cane; nel 75.9% dei casi ipotizzavano si fosse trattato di un furto da parte dei cacciatori di cani. A sostegno di una simile idea possiamo dire che il furto di questi esemplari, nel 73.6% dei casi, si è consumato in Inverno, proprio in concomitanza con il tradizionale festival di Yulin, ossia quando la domanda è estremamente alta. I media cinesi puntano anche il dito sulla crescita dei disordini sociali provocati dalle bande di ladri di cani.

Fra il 2001 e il 2015 i giornali hanno riportato più di 710 storie che attestavano un progressivo incremento della violenza nel paese, soprattutto a partire dal 2011. Il legame fra il consumo di carne di cane e le attività criminali sta senz’altro diventando sempre più marcato e questo significa che gli illeciti commessi conferiscono ai delinquenti più potere e prosperità. Le testate giornalistiche rendono pubblici i gravi atti di crudeltà nei confronti degli animali da parte dei trafficanti, che catturano le loro vittime con l’utilizzo di lacci, esche, cianuro e dardi avvelenati.  La brutale violenza inflitta ai cani spesso viene perpetrata anche nei confronti delle persone, come ha evidenziato Animals Asia nella sua indagine nei villaggi dove il 3,5% degli intervistati sostiene di avere subito brutali aggressioni durante il furto. Il rischio causato alla salute umana da un’attività che sfrutta cani trafugati è più facilmente comprensibile se si considera che il 38% degli animali che vivono nelle zone rurali della Cina non viene vaccinato.

L’indagine di Animals Asia è durata quattro anni e ha indugiato con particolare enfasi su ogni singolo passaggio della catena di produzione del mercato della carne di cane. Sono stati visitati più di 110 venditori; 66 fra ristoranti e bancarelle alimentari; 21 mercati contadini; 12 macelli, 8 allevamenti, 8 aziende alimentari di carne di cane, 4 centri di smistamento e 3 grandi mercati all’ingrosso di animali vivi.  In ogni fase, gli investigatori hanno riscontrato un traffico caratterizzato da comportamenti criminosi ed estrema crudeltà, con gravi violazioni delle leggi vigenti in materia di sicurezza alimentare; mentre gli operatori del settore sono stati molto diffidenti e riservati. 

Irene Feng, Responsabile del progetto Cani e Gatti di Animals Asia, ha aggiunto: “Un’industria legale con pratiche commerciali corrette non dovrebbe temere né controlli né i media. Tuttavia, durante le nostre indagini, la sensibilità e la sfiducia nell’attività erano costanti a ogni anello dell’intera catena di produzione, dall’allevamento, al trasporto, dalla macellazione alla vendita diretta: praticamente in ogni aspetto illecito che caratterizza questo commercio.  Per motivi di ordine pubblico, sicurezza alimentare e salute pubblica, la gente deve conoscere la verità che si nasconde dietro la carne che finisce in tavola, osservando scrupolosamente le leggi del proprio paese.”  Per contatti con la nostra redazione: [email protected]