{{IMG_SX}}Roma, 25 agosto - Doveva essere rimpatriata giovedì. Ma a suo favore si sono mobilitate le associazioni gay di mezza Europa e così il rientro in patria di Pegah Emambakhsh, l'iraniana che rischia la lapidazione per la sua omosessualità, è stato rinviato al 28 agosto. Lo rende noto il gruppo Everyone, che ha sollevato il caso.

 

MASTELLA: "VENGA DA NOI"

"Bisogna fare di tutto perché l'iraniana Pegah possa venire da noi, con diritto d'asilo, secondo quanto prevede la nostra Costituzione. Per quanto ci riguarda c'è piena disponibilità": così il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ha risposto ai giornalisti che gli domandavano un commento sulla vicenda di Pegah Emambakhsh, l'iraniana lesbica fuggita dall'Iran in Gran Bretagna su cui pesa un procedimento di espulsione e il rimpatrio previsto per il 28 agosto.

Il ministro Mastella è intervenuto questo pomeriggio a La Valletta, a Malta, alla conferenza stampa di presentazione del concerto di Claudio Baglioni, Gianni Morandi e Riccardo Cocciante, che si terrà questa sera al porto della città per l'iniziativa O'scià, il progetto ideato da Baglioni per sensibilizzare istituzioni e forze politiche sul fenomeno dell'immigrazione.

 

IL SIT-IN DI ROMA

Si moltiplicano le adesioni al sit-in organizzato, per lunedi', da Arcigay e Arcilesbica in favore di Pegah Emambakhsh. A sostenerlo e' il presidente nazionale di Arcigay, Aurelio Mancuso, che aggiunge: ''Apprezziamo in particolare le parole pronunciate dalle esponenti del governo, Barbara Pollastrini, Emma Bonino e Patrizia Sentinelli, cui rinnoviamo l'invito a premere affinche' il governo italiano sia ufficialmente disposto ad accogliere Pegah in Italia, nel caso in cui il Regno Unito respinga la richiesta di asilo. Sottolineiamo l'importante presa di posizione di Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia e di molte altre personalita' del centrodestra e del centrosinistra, fra cui il sindaco di Roma Walter Veltroni a sostegno della nostra campagna''.


''Il nostro impegno per Pegah, oltre al caso personale - aggiunge Mancuso -, e' piu' in generale orientato ad evidenziare la necessita' di adoperarsi affinche' la pena di morte sia cancellata in tutto il mondo e che i diritti civili e le liberta' delle persone lgbt siano garantiti in tutti i Paesi. In questo senso il regime iraniano, come molti regimi teocratici islamici, deve essere condannato con piu' decisione da tutta la comunita' internazionale, attraverso ogni possibile strumento di pressione da parte dell'Onu e dell'Ue''.

 

L'APPELLO AL REGNO UNITO

Rigardo alla disponibilità del Regno unito Everyone si fida poco: "Non illudiamoci -sottolinea una nota perplessa del gruppo - perchè il governo sta solo aspettando che l'opinione pubblica si concentri su altri eventi per costringere Pegah a salire sull'aereo della morte".


In realtà - spiega l'ambasciatore britannico in Italia, Edward Chaplino - la Gran Bretagna si è impegnata a non rimpatriare Pegah "se esistono rischi per lei in Iran... Il Regno Unito rimpatria solo coloro che non hanno bisogno di protezione internazionale e che possono tornare sani e salvi nel loro Paese di origine".

 

INTERVIENE L'IMAM

Come per altre religioni, anche per l'Islam l'omosessualità è un peccato - spiega da parte sua l'imam di Perugia Abdel Qader -  ma ''quello che fa un omosessuale in privato a me non interessa''. Del resto, aggiunge, se è stata proprio la donna a rendere nota la sua condizione di lesbica, osserva, non poteva non tenere conto delle leggi del suo paese.

 

''Nella religione musulmana non si chiede conto a nessuno di quello che fa nel suo privato - ribadisce -. Per condannare qualcuno servono quattro testimoni che abbiano assistito tutti all'atto sessuale, e se queste condizioni non ci sono state il testimone puo' essere a sua volta condannato, perche' e' meglio, per l'Islam, non scandalizzare inutilmente il proprio fratello''.

 

L'ADESIONE DEI VERDI

"I Verdi aderiscono al sit in di lunedì pomeriggio per Pegah Emambakhsh. Mobilitarsi per salvare la vita ad una persona condannata a morte solo perchè accusata di essere lesbica è un dovere civile», afferma il presidente dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio. «Chiediamo a tutte le forze politiche di attivarsi per salvare la vita di Pegah. La lotta alle discriminazioni -conclude il leader dei Verdi- dovrebbe essere una battaglia comune per tutte le forze presenti in Parlamento, soprattutto di fronte al rischio che una donna venga lapidata solo perchè lesbica».