Martedì 23 Aprile 2024

Via al Jobs Act, si alla CameraIl Pd si spacca: in trenta non votano

Ettore Maria Colombo ROMA IL JOBS ACT passa l'esame del voto nell'aula della Camera e torna al Senato per la sua approvazione definitiva la prossima settimana. Ma non tutto fila liscio, anzi. La minoranza interna del Pd alza la testa: in ventinove abbandonano l'aula per segnalare il loro dissenso dal testo, ma l'area del disagio' è calcolata in almeno 40 deputati. Il ministro Poletti fa spallucce («l'atteggiamento della minoranza era prevedibile»), mentre il premier Renzi ringrazia chi ha votato il Jobs Act: «Ora più tutele, solidarietà e lavoro». Di certo c'è che le opposizioni hanno tentato il colpo gobbo: far mancare il numero legale. Blitz fallito per un pelo. Escono dall'aula in 260, con un sostanziale accordo tra loro, i deputati di M5S, FI, Lega, Fdi, Sel e, in più, i ventinove democrat dissidenti. NON BASTA, ma l'impressione di un Pd che si vota il Jobs Act da solo' è plastica. Finisce con 316 voti favorevoli (appena uno sopra il quorum di 315, richiesto se l'Aula è al completo) su 322 votanti (maggioranza richiesta: 162), cinque astenuti e sei contrari. Tra questi ultimi, i civatiani sono due (Civati e Pastorino) mentre altri due si astengono (Gandolfi e Guerini). Votano sì al Jobs Act 250 deputati Pd (che conta 57 assenti, di cui 17 in missione, 29 in dissenso), 22 di Sc, 16 di Ncd, 14 del Misto, 12 di Per l'Italia. Al di là della calcolatrice, il danno investe il Pd. Dopo una serie di riunioni e tensioni interne alla minoranza, tra Civati che spinge per votare no e gli altri che puntano e ottengono di uscire dall'Aula ma presentando un documento di dissenso' dal testo che reca 29 firme, alla fine vincono questi ultimi. Organizzano pure una conferenza stampa che segna la nascita di un'area di duri e puri, dentro la minoranza dem. Partecipano, e parlano, Gianni Cuperlo, leader di Sinistra dem', Alfredo D'Attorre e Stefano Fassina (bersaniani), arriva in ritardo Rosy Bindi, ma c'è per lei la Miotto, aderiscono Boccia e anche Marzano, Pollastrini, Argentin. La vicinanza con l'opposizione di Sel che accusa i 12 deputati fuoriusciti ed entrati nel Pd con Migliore, di aver salvato la faccia' al Pd nel superare la soglia psicologica 315 è nei fatti. «Nel Pd nasce un'area politica interna di opposizione a Renzi e al suo governo consistente e con cui lavorare insieme», dice soddisfatto Nicola Fratoianni, colonnello di Vendola e sicuro che, oltre Civati', ben altri movimenti tellurici scuoteranno il Pd. Naturalmente, sia Cuperlo che D'Attorre (Fassina, invece, è intransigente contro le «tensioni sociali» che Renzi ha provocato) parlano di «sofferenza e disagio» nel descrivere il loro strappo', ma c'è già chi si fa i conti. Sull'Italicum come sulla prossima elezione del Capo dello Stato, quest'area peserà eccome. Paradossalmente, hanno ragione anche gli esponenti di Area riformista' rimasti in Aula (tra loro Epifani e Bersani) per votare il loro sofferto sì al Jobs Act, soddisfatti per la mediazione ottenuta da Damiano: «Senza di noi non c'era il numero legale».