Giovedì 18 Aprile 2024

Un tesoro nei magazzini

MARCO BUTICCHI CERTO così non si poteva andare avanti. Le vestigia millenarie trattate alla stregua di calcinacci facevano ribollire l’anima. Tra un crollo a Pompei e un «con la cultura non si mangia», c’erano voci dissonanti che gridavano che uno spicchio di Storia ci salverà. 

ANCHE quando soprintendenti zelanti trattavano i pubblici beni come il giardino della loro dependance e responsabili di musei finanziavano novelli Picasso, scomparsi poi nel calderone dell’arte spazzatura. Insomma, ben venga il cambiamento nell’obsoleto modo dello Stato di trattare il nostro immenso patrimonio storico. Mi fa un po’ paura il termine di paragone: i sistemi museali come policlinici... e, se tanto mi dà tanto…  Mi attengo però alle parole innovatrici: «sarà una svolta radicale!», dice ancora il ministro. Ne avevano davvero bisogno i siti millenari coperti dall’erba alta, rispondiamo noi. Ne avevano bisogno magazzini e biblioteche storiche depredati quotidianamente dai soliti noti. Ne aveva bisogno l’impossibilità sopravvenuta di specchiarci nella nostra storia.  Ogni volta che mi trovo a visitare un museo, mi stupisco per le meraviglie in esso contenute e, di contro, della scarsa affluenza di visitatori. Spesso mi torna alla mente il consueto ritornello: ce l’avessero gli americani un passato come il nostro! È vero. Gli altri riescono a inventarsi un evento anche dove non c’è: ho passato ore in coda per visitare a Key West la casa di Hemingway e quella di Truman. Due belle ville coloniali nel profondo Sud, ma nulla a che vedere con la Domus Aurea di Nerone (non accessibile per mancanza di fondi), il teatro romano d’Aosta o la città romana di Luna. 

ABBIAMO i magazzini talmente pieni di opere d’arte che non sappiamo dove metterle, si sente dire da più voci titolate. Perché non affittiamo, per fare cassa, le opere non esposte a chi saprebbe come farle fruttare, prima che tombaroli para-legalizzati facciano razzia di pezzi d’Italia svuotando quei magazzini? Tra crolli e incuria, i nostri responsabili sono andati avanti maledicendo governi e croniche mancanze di fondi; sorridevano invece al politico di turno quando imponeva, sotto elezioni, assunzioni massicce di lavoratori ‘fidati alla causa’. E adesso siamo qui, prossimi al punto di non ritorno, pronti ad accogliere con entusiasmo qualsiasi iniziativa tesa a restituire dignità alla storia degli italiani. Speriamo bene.