Giovedì 18 Aprile 2024

Un piccolo grande gesto

SPESSO le rivoluzioni si fanno con i piccoli gesti, oppure con grandi gesti che appaiono piccoli. Come quello di spingere una porta di legno, nemmeno troppo bella, in un lontano paese africano di cui la maggior parte di noi ignora l’esistenza stessa, spiegando che il mondo deve fare penitenza e deporre le armi.

SE CI AVESSERO descritto la scena quindici anni fa, il giorno in cui Giovanni Paolo II vestito di una casula dorata oltrepassava la porta santa tutta decorata situata all’interno del loggiato di San Pietro, avremmo pensato a uno scherzo. E così, con un atto tanto semplice, ieri papa Francesco ha scritto un altro capitolo della grande rivoluzione che sta operando nella Chiesa. Tutti si aspettavano le importanti riforme della Curia, del celibato ai preti, dei sacramenti ai divorziati, ma per il momento questa è la grande proposta di Francesco: l’inversione della prospettiva, il ribaltamento. Molto evangelica, molto gesuitica: il grande si faccia piccolo, l’ultimo diventi primo, chi era lontano si faccia vicino.

È IL FRUTTO di quel germe seminato nella Sistina il 13 marzo 2013, con l’elezione di un cardinale che veniva dal sud del mondo, e non poteva che guardare il mondo – e la Chiesa – dal sud, da una prospettiva inversa. Quindi le periferie, in tutti i sensi declinate, e quindi l’allargamento della base decisionale della Chiesa.

Che è proprio il secondo aspetto da sottolineare nella scelta del papa di «aprire» il giubileo da un paese africano: dire a tutti che a contare non è solo Roma, ma uguale dignità spetta a tutte le Chiese. E anche questo Bergoglio, appena eletto lo sottolineò subito, dalla loggia delle benedizioni, quando disse di sentirsi prima di tutto «vescovo di Roma», una chiesa che «presiede tutte le altre nella carità», ma non una gerarchicamente superiore.