"Il mio hotel è vuoto. Con i profughi incassavo 45mila euro al mese"

Un albergatore rimpiange gli ospiti africani

Giancarlo ‘Caco’ Pari

Giancarlo ‘Caco’ Pari

Rimini, 18 luglio 2015 - «Rivoglio i miei profughi». E’ un appello disperato quanto insolito quello che lancia Giancarlo ‘Caco’ Pari, albergatore di lungo corso.

Che cosa è successo?

«Guardi, guardi lei – attacca il gestore dell’hotel Gelso, tre stelle sul mare in zona colonie a Igea Marina–. La sala da pranzo dell’albergo è semideserta in pieno orario di servizio, ci sono pochissimi turisti».

Come mai, visto che la stagione è al giro di boa?

«Troppo chiasso di notte per certi locali sulla spiaggia, troppi ubriachi spesso minorenni».

Ci sono suoi colleghi che lavorano a pieno ritmo...

«La situazione è a macchia di leopardo. Qui non va per niente bene, siamo a zero».

Insomma, rimpiange gli ospiti ‘rifugiati’.

«Sicuramente».

Che percentuale di riempimento aveva?

«Con il mio albergo ho lavorato in pieno fino all’inizio di giugno».

Quando aveva cominciato a ospitare, a pagamento coi fondi del ministero dell’Interno, i profughi?

«Da inizio inverno, visto che l’albergo è annuale, e per parecchi mesi fino a primavera inoltrata».

Quanto incassava mediamente al giorno?

«Ospitando i profughi, e ne ho avuti fino a 42, incassavo più o meno 1.500 euro al giorno».

Un bell’andare.

«Stavano bene loro, con molti sono anche diventato amico, e andava bene a me, visto che con il turismo quest’anno e da queste parti butta decisamente male».

A quanto arrivava il ‘fatturato profughi’ su scala mensile?

«Arrivavo anche a 45mila euro al mese».

Cifre che con i turisti, par di capire, al momento si vedono col binocolo, o no?

«Proprio così. Era una bella somma, lo ammetto. Ci si pagavano tutta la marea di bollette di acqua, luce e gas, nonché fornitori e dipendenti».

E le restava un buon utile?

«Sì, avevo margini, inoltre svolgevo anche una sorta di servizio sociale».

Da dove arrivavano i suoi ‘turisti’?

«Venivano da diverse nazioni africane, Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Nigeria, Ghana e altri Paesi. Giunti in Italia dopo traversate rocambolesche e drammatiche su barconi stipati all’inverosimile. Poveretti».

Ha avuto problemi con loro?

«Assolutamente no. Tutta gente per bene, bravissimi ragazzi tra i 20 e i 25 anni alcuni dei quali mi vengono a trovare in bicicletta».

Erano diventati ‘di casa’...

«Per me sono stati come dei figli. Mi aiutavano a fare lavoretti, e non chiedevano niente in cambio. Hanno restituito due cellulari trovati in spiaggia. Mi chiedo quanti di noi italiani avrebbero fatto altrettanto».

Come era arrivato a intercettarli?

«Su richiesta del Comune e in coordinamento con la prefettura, ho accettato di ospitare vari gruppi di profughi».

Si è pentito di averli lasciati spostare altrove?

«Alla grande. Gli ultimi 14 sono andati via il 2 giugno, in altre stutture del Riminese».

Li riprenderà finita la stagione balneare?

«Certamente, a partire dal mese di ottobre, se le autorità saranno d’accordo l’hotel Gelso tornerà a disposizione per accogliere i ragazzi africani. Rivoglio i miei profughi, altro che turisti!»