Venezia, Al Pacino attore sul viale del tramonto per 'The Humbling' / VOTO 8

Con il film l'attore ha ricevuto un Premio speciale

Al Pacino in una foto di scena del film 'The Humbling' (Ansa)

Al Pacino in una foto di scena del film 'The Humbling' (Ansa)

Venezia, 30 agoto 2014 - Con The Humbling ancora una volta il teatro e l’atto della recitazione tornano come soggetti dello schermo anche se con la mediazione della letteratura. E’ la quarta volta dall’inizio del festival ma siccome i film in questione sono anche i migliori non staremo a lamentarcene. Tanto meno questa volta visto che è l’occasione per una performance straordinaria di uno dei più grandi attori viventi, Al Pacino, l’unico forse a Hollywood capace di rinnovarsi col passare degli anni.

Simon Axler è stato uno dei più grandi attori teatrali della sua generazione ma adesso che ha sessantacinque anni ha perso magia, talento e sicurezza. Quando sale sul palcoscenico si sente un pazzo e si vede un idiota. La sua fiducia nelle proprie capacità è evaporata; s'immagina che la gente rida di lui; non riesce più a fingere di essere qualcun altro. Chi ha dimestichezza con la letteratura l’avrà riconosciuto: Axler è uno degli ultimi grandi personaggi usciti dalla penna di PhilipRoth che Al Pacino ha voluto personalmente trasferire sullo schermo. L’incontro non poteva essere più felice: forse Al pronostica per sé qualcosa di simile e ha indossato i panni di Simon Axler per esorcizzare quegli stessi fantasmi. Almeno così fa credere la veridicità della sua interpretazione.

Grazie alla sceneggiatura di Buck Henry e Michal Zebede, ma soprattutto alla sensibilità di Barry Levinson, sollecitato all’impresa dallo stesso Al Pacino, un soggetto ostico come la decadenza fisica,lo smarrimento di un anziano in piena crisi di identità dà vita a un film drammatico ma anche divertente dove tagico e comico sono messi insieme secondo la lezione scespiriana che è stata sia per Simon Axler che per Al Pacino maestra di vita e di arte.

Simon/Pacino, abbandonato dal pubblico inutilmente sollecitato dall’agente, dopo un soggiorno in un clinica (è una delle parti più divertenti per lo scontro tra l’asocialità del protagonista e la pratica dei i gruppi di terapia) si rinchiude nella sua bella villa immerso in una depressione apparentemente senza ritorno a cui Pacino, con piccoli gesti e con posture studiate, accorda un’umanità toccante. L’improvviso arrivo di una giovane figlia di amici che s’installa a casa fa cambiare di segno alla sofferenza. Infatti, come già nel romanzo, affiora il tema secondo: quello del desiderio e della sua incontenibile persistenza nonostante la decadenza fisica. Se il rapporto con la giovane (Greta Gerwich) donna, ex lesbica, fosse solo ludico forse l’afflizione ne troverebbe giovamento ma l’ostinazione del possesso fisico apre nuove ferite nel corpo e nell’anima del vecchio Simon oramai senza più maschera.

L’umiliazione che è uno dei sentimenti impliciti nell’arte del palcoscenico, anche quando corpo e anima sono all’apice della forma, ha trovato in Al Pacino attempato il suo interprete ideale. Esprimere con vigore la decadenza è arte di pochi.

Voto 8