Giovedì 18 Aprile 2024

Chi ha paura dei robot? "Nessun rischio, vivremo con gli umanoidi"

L'allarme di Musk: "intelligenza artificiale pericolosa". Zuckerberg: "Scetticismo irresponsabile". Intervista a Giorgio Metta, padre dell'italino 'iCub'

Un robot (Reuters)

Un robot (Reuters)

Roma, 26 luglio 2017 - L’intelligenza artificiale è davvero «un rischio fondamentale per l’esistenza della civilizzazione umana», come dice Elon Musk, fondatore di PayPal e Tesla? O tanto «scetticismo da bastian contrari» riflette «una visione negativa e in qualche modo irresponsabile» come commenta Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook? La disputa fra i big della rivoluzione tecnologica in corso è molto accesa. La conoscenza e la comprensione di Zuckerberg sul futuro dell’intelligenza artificiale – dice ancora Musk – sono «limitate». Ma il discorso non è chiuso.

Giorgio Metta, a uno come lei, che a Genova dirige lo sviluppo del robot umanoide iCub, che effetto fa assistere a scontri come quello fra Musk e Zuckerberg? «Diciamo che siamo ben lontani da ciò che paventa Elon Musk, con l’intelligenza artificiale che prende il sopravvento o i robot che si ribellano. Non abbiamo la tecnologia per arrivare a niente del genere. Non abbiamo neanche un’idea di quando potrebbero essere pronte tecnologie così sofisticate, perché semplicemente non sappiamo neanche bene che cosa sia l’intelligenza, in modo da riuscire a reingegnerizzarla nella macchina».

Anche Stephen Hawking un paio di anni fa lanciò un allarme simile con altri scienziati. Non sono le paure dell’uomo della strada... «E’ vero, ma sono scenari non attuali. E’ possibile che fra 50 anni ci si debba occupare di cose di questo tipo, ma loro sembrano immaginare, visti i recenti progressi, che certi problemi arrivino molto prima».

In effetti i progressi sono stati vorticosi. «Certo, oggi riusciamo a fare cose impensabili solo 5-6 anni fa, basti pensare al riconoscimento delle immagini o del parlato, ma molti aspetti sono tutt’altro che risolti. Rodney Brooks, il signore del Roomba, il robottino che pulisce casa, ha fatto notare come la stessa auto senza guidatore sia meno pronta di quel che sembra: l’auto va bene nel 99% dei casi, ma rimane quell’1% che è molto molto complicato e per essere risolto al momento richiederebbe l’equivalente di un essere umano».

Quindi Musk ha torto e Zuckerberg ha ragione? «Trovo eccessivo parlare dell’intelligenza artificiale come pericolo per l’umanità. Però Musk ha ragione quando dice che bisogna affrontare certi problemi per tempo».

Lei non vede dei rischi nello sviluppo dell’intelligenza artificiale? «No, io non credo che ci siano rischi di quel genere. Secondo me i robot saranno un aiuto per le persone. Poi è vero che tutte le nuove tecnologie hanno un impatto sulla società e sugli individui e questo impatto va studiato».

C’è anche il timore di un’ecatombe di posti di lavoro. «E’ un’ipotesi. C’è anche uno studio del Boston Consulting Group che parte dagli andamenti demografici e dice ad esempio che in Germania - ma la situazione è simile in Italia – nel 2030 mancheranno 8,5 milioni di lavoratori. Come fare? L’automazione può essere una risposta».

Quindi non ci sarà ulteriore disoccupazione di massa? «Oggi è difficile dirlo. Forse in una fase di transizione sì; è possibile che nel 2023 ci sia più automazione che carenza di manodopera e invece nel 2030, per restare allo scenario che dicevamo, il rapporto sia più equilibrato. Comunque sono tutte ipotesi».

Ma dal punto di vista tecnologico, il 2030 può essere un’epoca di generalizzata automazione? «Mi pare plausibile, visti gli investimenti che si stanno facendo. Ma è impossibile generalizzare. Ad esempio in Italia, dove prevale la piccola e media impresa, avremo bisogno di un’automazione più intelligente e più flessibile che altrove, altrimenti i costi crescono troppo». 

Stiamo andando verso una società mista di umani e umanoidi? «Penso di sì. Gli umanoidi entreranno nella nostra vita quotidiana, li vedremo per strada, nei centri commerciali, negli aeroporti, nelle fabbriche e negli ospedali».

Che cosa faranno i robot? «Tante cose. Ad esempio li avremo nei servizi di assistenza domestica per disabili o persone con ridotta mobilità. Saranno impiegati nella sorveglianza. Negli ospedali aiuteranno nella logistica, porteranno le medicine dove servono, aiuteranno a sorvegliare i malati e in riabilitazione e fisioterapia. E anche - magari non come umanoidi - in chirurgia. Poi tutto dipende da quale sarà il successo economico dei robot, se diventeranno assistenti domestici nella vita di tutti i giorni oppure no».

Ma avremo leggi e regole etiche all’altezza? «Ci sono gruppi che lavorano su questi temi. E’ chiaro che serviranno nuove norme e anche una roboetica. E poi bisognerà capire dove finirà il denaro, se andrà nelle casse delle multinazionali che producono le macchine o a beneficio di tutti. Bisogna discutere di tutto questo ma facendo attenzione a non uccidere una tecnologia prima ancora che sia davvero nata».