Sul podio con prudenza

SEMBRANO quasi tornati i vecchi bei tempi: l’Italia è sugli spalti, vince tutto. La Ferrari arriva prima, Valentino Rossi torna sul podio in prima posizione. Gli stranieri fanno a gara per comperare le aziende italiane, di cui apprezzano, ovviamente, tutto: la tecnologia, il marketing e l’innovazione. Era da tanto tempo (almeno sette anni) che non si assisteva a un fenomeno del genere. La ciliegina sulla torta viene fornita dall’Istat: la fiducia delle imprese italiane sulla ripresa non è mai stata così alta dal luglio 2008, quando la grande crisi era già partita, ma ancora non si era capito bene. Allora abbiamo veramente svoltato? L’esperienza dice che ci vuole un po’ di prudenza. In fondo già Mario Monti aveva visto la luce in fondo al tunnel ed eravamo nel 2011. Tutto quello che sappiamo fino a oggi è che la congiuntura internazionale sembra fatta su misura per favorirci e che in giro si nota, insieme ancora a tanta desolazione, qualche frammento di ottimismo.

LA REALTÀ dei numeri è comunque molto semplice. Quasi tutti gli esperti sono d’accordo nel dire che quest’anno l’Italia chiuderà con una crescita positiva: invece di distruggere ricchezza, se ne creerà un po’. Ma quanta? Il governo, nelle sue ultime stime, dice che si arriverà a una crescita dello 0,7-0,8 per cento. È grosso modo la metà della crescita media europea e la metà di quello che ci servirebbe. Parecchi esperti, inoltre, pensano che sia una stima un po’ troppo generosa. A casa ci sono ancora il 12% di disoccupati e non è previsto che diminuiscano in misura significativa. Per questo bisognerà aspettare il 2016 e anche allora i progressi saranno pochi. Per vedere la disoccupazione scendere sotto l’8% serviranno 7-8 anni, se tutto andrà bene. Da queste poche cifre si capisce una cosa. È quasi certo che ci siamo lasciati il peggio alle spalle e che il Paese sta andando verso la ripresa. Ma ci sta andando con il freno a mano tirato: il contrario di quello che hanno fatto le Ferrari e Valentino Rossi. Quel freno è rappresentato dalle riforme non ancora fatte (e intorno alle quali si sta faticosamente lavorando) e da un sistema politico che sembra essere tutto impegnato in altre cose piuttosto che sulla ricerca dei modi per favorire una maggiore crescita.

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