Giovedì 25 Aprile 2024

Italvolley, a Rio il sarà ct Blengini: Olimpiadi grande sfida

"Prima completerò il mio lavoro nel modo migliore possibile con la Lube"

Gianlorenzo Blengini (Tarantini)

Gianlorenzo Blengini (Tarantini)

Bologna, 13 gennaio 2016 - La notizia è che a Rio il ct dell’Italvolley sarà Chicco Blengini. Sembrava un paradosso: l’unico nostro ct degli sport di squadra ad aver già conquistato il pass per i Giochi di Rio era anche l’unico senza contratto. Perché l’ex vice di Mauro Berruto, poi promosso a capo in un’estate turbolenta, in teoria non era più l’allenatore dell’Italia dalla fine della Coppa del Mondo che ha sancito la qualificazione degli azzurri. Da quel 23 settembre, tecnicamente Blengini non è più ct: lo statuto della Fipav vieta il doppio incarico per il primo allenatore azzurro, e lui aveva già firmato, prima del ribaltone, quello con la Lube Civitanova.   L’inghippo è stato risolto, senza annunciarlo. Tornerà ct il giorno dopo l’ultima sfida dei playoff dei marchigiani, che potrebbe benissimo essere la bella scudetto, visto che la Lube è seconda alle spalle di Modena (e domani sera si gioca l’accesso alla final four di Coppa Italia). Blengini, 44 anni, si è confidato a Modena, nel corso della bellissima festa azzurra che ha ripercorso la storia di tutte le medaglie vinte dall’Italia, con oltre un centinaio di azzurri di ieri e di oggi, dagli ultraottantenni come Bellagambi e Federzoni ai titolari di oggi Piano e Rossini. L’occasione era la presentazione del libro ‘La leggenda azzurra’ di Lorenzo Dallari.

Blengini, allora sarà lei il ct a Rio? «Ho un contratto che lo dice, e scade dopo le Olimpiadi».

Ma la Fipav non ha sempre vietato il doppio incarico? «Per gli aspetti puramente tecnici, credo che sia giusto chiedere alla Federazione. Io posso solo dire che ho il contratto, è tutto a posto. Ma fino a quando non cadrà l’ultimo pallone del campionato, io sarò l’allenatore della Lube Macerata e tutte le mie forze saranno concentrate sul raggiungimento degli obiettivi del mio club».

E poi? «Poi penserò all’Italia. Prima no».

Come si gestisce questo doppio binario? «Come hanno fatto tutti quelli che lo hanno dovuto fare prima di me. Lo stesso Mauro Berruto fu scelto dalla Fipav quando era proprio alla Lube a campionato in corso, e lo completò senza essere influenzato dall’incarico successivo».

I suoi colleghi si sono detti contrari al doppio incarico nello stesso campionato della nazionale che si guida. «Io penso solo a fare il mio lavoro».

Quanto sarà dura andare a medaglia a Rio, per l’Italia? «Moltissimo, perché ci sono tante concorrenti forti, che conosciamo tutti. Dal Brasile che organizza e si può preparare senza aver dovuto fare le qualificazioni, agli Stati Uniti che ci hanno battuto nella World Cup, alla Russia che si è qualificata adesso, alla Francia che credo lo farà in maggio».

Ha visto il torneo della squadra femminile di Bonitta? «Sì, ovviamente ho fatto il tifo. Se riusciremo a qualificare anche le ragazze, saremo tra le pochissime nazioni che riescono a portare entrambe le squadre ai Giochi, nel volley. Vuol dire che il movimento è importante».

Oltre al Brasile qualificato d’ufficio, finora ci sono riusciti solo Usa, Russia e Argentina. Bonitta ha lanciato molte giovani del Club Italia. Pensa che sia ipotizzabile avere anche in A1 maschile la squadra del vivaio azzurro? «Al momento il nostro Club Italia fa l’A2, non credo che sia all’ordine del giorno portarlo in A1 presto. Ma le due situazioni sono diverse, i movimenti hanno numeri diversi».

Ha più sentito Mauro Berruto, il suo vecchio maestro, dopo averne rilevato con successo la panchina? «Ultimamente ci siamo sentiti meno, ma subito dopo la qualificazione abbiamo parlato spesso».

Come sono i vostri rapporti? «Esattamente come prima, non è cambiato niente».

Ci dica la verità: non ha avuto paura di bruciarsi, passando in due mesi da vice a capo con una missione che sembrava impossibile? «Neanche per un attimo. Ma non per presunzione: non ne avevo il tempo, di preoccuparmi. Dovevo dedicare ogni energia ad allenare la squadra, non potevo permettermi distrazioni emotive».