Venerdì 19 Aprile 2024

Mike Tyson, 50 anni tra pugni, dollari e scandali

Iron Mike è stato il pugno più potente della storia della boxe, ma non è stato capace di difendersi da sè stesso

Il morso di Mike Tyson a Evander Holyfield (Ansa)

Il morso di Mike Tyson a Evander Holyfield (Ansa)

Bologna 30 giugno 2016 - E' stato il più dannato, non il più grande. Compie cinquanta anni Mike Tyson, il pugno più potente della storia assieme a Rocky Marciano, ma troppo lontano per classe, carisma e pure astuzia rispetto a Muhammad Alì.

Iron Mike fu un mito negli anni Ottanta, il re del kappaò veloce, il più giovane campione del mondo della storia dei pesi massimi, a 20 anni, atterrando dopo due round Berbick, l’uomo che sconfisse e costrinse al definitivo ritirò un Alì già minato dal Parkinson nel 1981. Con la strada spianata verso la gloria a suon di uppercut, nonostante una statura non da colosso (1.78), Tyson pareva destinato a diventare il tiranno più feroce del pugilato. “L’uomo più cattivo del pianeta” era il suo biglietto da visita, vidimato dal dente d’oro, il corpo compatto ma taurino e una gioventù passata in riformatorio, già rapinatore a 11 anni. Un personaggio perfetto per il ring e una macchina da soldi sotto l’egida di Don King, il manager dalla folle capigliatura che ha portato al top (e lasciato cadere nella polvere) i più grandi boxeur della storia - Clay, Foreman, Holmes, Holyfield - che non si fece scappare la gallina dalle uova d’oro.    «Mi sono mangiato 500 milioni di dollari» ha ammesso Mike, che faceva incetta di Lamborghini nella sua villa di Las Vegas dove portava le tigri bianche al guinzaglio, anzi alla catena. Restò sul trono dei pesi massimi per cinque anni. A mandarlo al tappeto fu James Buster Douglas, che gli rifilò sul quadrato di Tokyo, nel 1991, il primo pugno vero. E l’uomo più cattivo si afflosciò come un sufflé. Clamorosamente, e ci furono sospetti di combine, ma il più duro era stato distrutto da altro. Donne a ripetizione, anche Naomi Campbell in quegli anni, e pure prima del match con Douglas. E una vita con sempre più eccessi. Venne fuori la drammatica verità.

L’avversario che Tyson non poteva battere era sé stesso. Ingoiato da un vortice di megalomania, dissolutezze e mania autodistruttiva che nemmeno l’allora più forte del mondo poteva sopportare. La sua carriera sul ring non era comunque finita: era troppo famoso, un marchio. E nemmeno gli scandali. Tornato a vincere, sul punto di giocarsi ancora la corona di campione, venne accusato di aver violentato la miss Desiree Washington. Tre anni di carcere, per tornare a vincere due titoli mondiali, WBC e WBA nel 1996, a trent’anni.    Ma il tramonto non era lontano, nel 1997 con un morso staccò un pezzo di orecchio a Evander Holyfield. Disperato attacco di un atleta che stava per essere sovrastato. Altra squalifica e poi un trascinarsi patetico, umiliato anche da Lennox Lewis, fino al 2005. Alla fine una carriera da professionista di 57 incontri, 50 vinti per ko. Storica, ma più che i trionfi sono ricordate le cadute. Ma non tutto, soldi a parte, è perduto. Quando pareva un uomo prossimo al delirio, ha abbracciato la fede islamica e ha capito i suoi errori. Tanto da scherzare sulla sua dissolutezza. «Sono diventato vecchio troppo presto e intelligente troppo tardi». A cinquanta anni, finalmente è rimasto in piedi dopo un pugno. 

IL MORSO DI TYSON A HOLYFIELD