Nibali: "Un Oro a Rio per entrare nella storia"

"Nulla vale come le Olimpiadi, capaci di unire popoli in guerra"

Vincenzo Nibali (Afp)

Vincenzo Nibali (Afp)

Bologna, 2 gennaio 2016 - NON ha fatto vacanze, "non per scelta, ma perché non abbiamo trovato posto nelle località dove ci interessava andare". Non si è concesso troppo a eventi mondani "perché è giusto accontentare gli altri, ma anche non sottrarre tempo alla famiglia". Per un motivo o per l’altro, il 2016 di Vincenzo Nibali è iniziato prima che lo stabilisse il calendario: la testa è già sintonizzata da settimane sui bersagli da centrare, al momento giusto provvederanno le gambe. Nell’anno che verrà, lo Squalo della bici si metterà in viaggio presto: l’11 gennaio volerà a Rio, con il compagno Aru e il ct Cassani, per annusare aria e soprattutto percorso olimpico. Non è semplice routine, ma cura dei dettagli: archiviate le classiche e l’amato Giro, dove si ripresenterà dopo due anni, è al podio olimpico che mira. In fondo, è ciò che manca alla sua pregiata collezione: non accontentarsi è tipico dei fuoriclasse.

Buon anno, Nibali: come se lo aspetta? "Banale dirlo, ma migliore rispetto all’ultimo".

Anche lei è convinto che sia stato deludente? "Ne ho avuti di peggiori: questo lo definirei tribolato. Rispetto alle grandi attese che c’erano, non è stato perfetto: le vittorie sono arrivate, è mancata la ciliegina, il Tour".

Ciliegiona, vien da dire… "Appunto: una corsa così non la devi vincere per forza. Ripetersi non è mai facile, io però ho saputo reagire: con tutto quel che mi è capitato nei primi giorni, alla fine potevo anche salire sul podio".

Poi c’è stata la brutta parentesi della Vuelta, dove è stato espulso per essersi fatto trainare dall’ammiraglia. "E’ una cosa che mi fa ancora arrabbiare. Fra cadute, ritardi e rincorse, è venuto fuori un pasticcio: ho chiesto scusa perché mi sono sentito di farlo, anche se la giuria in circostanze analoghe è stata meno severa. Col senno di poi, è stata un’occasione per ripartire".

Che Nibali dobbiamo aspettarci nel 2016? "Motivato. C’è voglia di riscatto, determinazione: sono fattori che servono a costruire un inverno giusto, disegnando bene i programmi e cercando di fissare gli obiettivi".

I suoi sono noti: una buona primavera, il bis al Giro, poi i Giochi forse usando il Tour come preparazione. Se avesse un colpo solo, dove lo sparerebbe? "Nessun dubbio: le Olimpiadi".

Perché? "Hanno un significato speciale, che va oltre lo sport: non è una semplice gara, è un evento che lega Paesi in guerra, dove popoli che non vanno d’accordo parlano fra loro. E’ un ambiente straordinario, nel quale atleti di ogni angolo del mondo e di ogni disciplina mangiano e dormono assieme: l’atmosfera è unica".

Lei ne ha disputate due. "Sì, Pechino e Londra, senza grandi risultati: a Rio andrò per regalare una medaglia all’Italia".

A giorni andrà a studiare il percorso con Aru: si è letto che l’unica cosa che vi divida sia la playstation, di cui lei è un maniaco… "Si è un po’ esagerato. In realtà, sono bravo a smanettare con i computer in ritiro: se qualcosa non funziona, i compagni si rivolgono a me".

Sarà l’ultimo anno in cui lei e Aru correrete insieme? "Non lo so, ci penserò tra qualche mese (si parla di un Nibali nel 2017 alla Trek, dove è entrato come sponsor la Segafredo, ndr), prima c’è il Giro da preparare. Fra me e Fabio c’è un rapporto di grande stima, siamo nella stessa situazione che ho vissuto io con Basso, che ho sempre visto come un modello: se Aru è cresciuto in fretta è perché qui ha trovato un gruppo di lavoro collaudato".

Nibali, ha la sensazione di essere un simbolo dello sport? "Non ci faccio caso, però me ne accorgo da come la gente mi ferma e mi saluta: in allenamento, in giro per le città, negli aeroporti. Succede ovunque, non solo in Italia. Mi aiuta a capire la dimensione in cui sono stato proiettato dai miei risultati, anche se io resto concentrato sul lavoro che sto facendo".

Dopo la vittoria al Tour, come ha fatto a resistere alla tentazione di entrare nello star system? "Mi sono esposto bene, senza dire sì a tutti, ma cercando di scegliere. Quest’anno ho selezionato ancora di più, in alcuni casi a malincuore: quando hai una famiglia, entri in un’ottica diversa e devi valutare bene il tuo tempo, senza regalarne troppo".

C’è un personaggio che nel 2015 l’ha colpita? "Parlando di sport, restano impresse la forza e la tenacia di Alex Zanardi. Nel ciclismo dico il mio amico Peter Sagan, che ha vinto il mondiale: quel giorno era imbattibile". 

Come si è goduto questo inverno? "Niente viaggi, pause giuste a casa, facendo godere mia figlia Emma ai suoi bisnonni, in Sicilia e a Fiuggi, il paese di mia moglie. Ho potuto lavorare con tranquillità e presentarmi in ritiro con qualche chilometro sulle gambe. La stagione di un ciclista ormai è diventata stretta, si parte a gennaio e si finisce ad ottobre".

La sua, in particolare: da San Luis, prima gara a metà mese, fino al Lombardia in ottobre, lei corre sempre per vincere. Nel 2016 sarà felice se… "Come sempre, se avrò dato tutto me stesso senza rimpianti".

Nibali, qual è il suo messaggio per l’anno che si è appena aperto? "Si spera sempre che sia migliore del precedente, che ci sia felicità e tranquillità in ogni famiglia. In questo mondo sempre più frenetico, auguro a tutti di riuscire a fermarsi un attimo, di dedicare più tempo a se stessi e ritrovare la giusta attenzione per le cose che contano".