Venerdì 19 Aprile 2024

L’Inter senza Moratti è la fine di un calcio romantico e sfrenato

Fa un po’ tristezza vedere uscire definitivamente dal calcio Massimo Moratti e la sua famiglia. E’ un sipario che si chiude su una grande storia e su un grande amore. E come tutte le storie e tutti gli amori, anche questa è stata un impasto di passione, lacrime, cuore, rabbia, delusioni e trionfi. Moratti che lascia l’Inter è anche la fine di un’epoca, di un mondo. Ci interessa poco perché l’abbia fatto. Di sicuro non per la lite con Mazzarri, anche se questa può essere stata il detonatore.

Quando, un anno fa, Moratti è stato costretto a vendere l’Inter per una crisi economica non facile, forse pensava che le cose sarebbero andate in modo diverso. Con il suo 30% credeva di contare di più, almeno nelle strategie e nelle decisioni più importanti. Non è così e non poteva essere diversamente. Anche questo è un segno dei tempi. Moratti gestiva con il cuore, con l’istinto, era il primo dei tifosi: quel calcio non esiste più, non può più esistere. Thohir prima guarda i bilanci, poi fa la formazione. Con Moratti era esattamente il contrario, la sua famiglia, a cominciare dal patriarca Angelo negli anni ’50, ha speso molto per l’Inter. Un patrimonio.

A volte i conti sono tornati, molto più spesso no, ma con loro l’Inter ha vinto tutto nel mondo. Oggi è impossibile. Anche per questo fa tristezza vedere andar via Moratti, chiude l’era dei mecenati, pallone non fa più rima con passione, ha perso il romanticismo, è diventato un freddo elenco di cifre piani quinquennali. Se i conti non tornano, un centravanti in più non puoi comprare. Forse inconsciamente Moratti si è ribellato a questa logica, ma l’insopportabile è stato passare dal decidere tutto a fare la bella statuina in tribuna d’onore: alla lunga non ha retto. Gli resta quel trenta per cento, lo metterà in vendita: pagare un biglietto così caro non ha più senso. E sicuramente lo sanno anche gli Agnelli e Berlusconi che spendono ancora: fino a quando?