L'esultanza del ct per l'Italia snobbata. Una lezione di grinta

NON SONO un fan sfegatato di Antonio Conte. Ma quando il Ct esulta per il gol ’manolesta’ di Pellè come fosse la finale del Mundial posso capirlo. La Nazionale è percepita dal calcio italiano, tifosi compresi, come la squadra di tutti e di nessuno. Come un inutile ingombro che interrompe la sacralità del campionato, come un peso da sopportare finchè la magia del mondiale non ne rinnovi il fascino. E allora spruzzate di nazionalismo, bandiere tricolori, caroselli di festa e carri del trionfo sempre pieni di intrusi. Se invece gira male, se la Nazionale stenta, se fatica a vincere con Malta, ecco che l’Italia torna la squadra di nessuno: un comodo bersaglio, perfetto per il tiro a segno della critica e del pubblico. Conte che vorrebbe lavorare con i suoi uomini ogni giorno, lui che conosce i limiti di qualità dell’ organico, lui che si sente sempre più solo nei panni del ct multimilionario, ha tutto il diritto di esultare e di urlare la sua gioia anche per un golletto a Malta. Quel tocco sporco di Pellè era il coronamento di un lavoro intenso e il passaporto per ribaltare la classifica del girone. L’urlo stile Tardelli del Mundial 82 è sembrato a molti fuori luogo. E invece era la sana, onesta e clamorosa espressione della rabbia agonistica che alberga nell’animo del ct. Se i suoi giocatori avessero la stessa grinta di Conte, la sua innata fame di vittoria, anche una Nazionale minore come l’Italia di oggi potrebbe arrivare lontano. Per la gara con la Bulgaria il ct medita un robusto turnover con ben sette cambi e un’autentica rivoluzione e centrocampo, dove Pirlo e Verratti dovrebbero lasciar spazio a De Rossi e Soriano. Peccato perché l’esperimento del doppio regista, pur con le sue evidenti sfasature, meriterebbe di essere rivisto contro un avversario più quotato. Con il rilanciato Candreva, unico vero esterno d’attacco, sarà confermato anche il guerriero Pellè, uno dei pochi che ha in corpo lo spirito battagliero del suo ct.