Insigne torna a casa. Così la Nazionale è vittima dei club

Lorenzo Insigne (Ansa)

Lorenzo Insigne (Ansa)

L'Italia di Conte giocherà a Baku in Azerbaijan senza il giocatore più in forma del momento: Lorenzo Insigne. L’affossatore del Milan, lo scugnizzo che ha riacceso il cuore di Napoli scomodando paralleli azzardati con il re dei re, Diego Maradona, si è arreso. Un versamento al ginocchio destro dopo l’allenamento del lunedì e le pressioni di un tempestoso De Laurentiis hanno convinto il Piccolo diavolo di Sarri a lasciare il ritiro della Nazionale. Avrebbe composto con Candreva e Pellè una promettente linea d’attacco in una partita da vincere per chiudere subito il discorso qualificazione.

E invece Conte e i medici azzurri, già trascinati nel vortice delle polemiche dopo i casi Chiellini e Marchisio, devono fare buon viso a cattivo gioco, limitandosi a un comunicato che sancisce il miglioramento di Insigne. Come dire: se il giocatore fosse rimasto con noi, poteva essere arruolabile per la gara con la Norvegia in programma a Roma il 13 ottobre.

Il ct, che già aveva perso Berardi per un semplice affaticamento, deve fare i conti ancora una volta con l’invadente potere delle società. Ho già scritto che questa nazionale è figlia di tutti solo quando vince. Ma se si tratta di prestare manodopera più o meno pregiata all’azzurro, i presidenti tirano indietro e pensano solo all’interesse dei loro club. La forte crisi di passione verso la Nazionale non nasce dal tifo ma da una nuova dimensione del nostro calcio, dove la Lega ha rubato peso politico alla Federazione. Le partite degli azzurri sono diventate una fastidiosa frattura fra le guerre di campanile che ci riserva il campionato e la sacralità della maglia è un ricordo stinto dal tempo.

E’ una tendenza in atto da anni, che neppure il successo mondiale dell’ Italia di Lippi ha sovvertito. Ma per tornare in alto serve una Nazionale che non sia schiava degli interessi dei club o dei giochi di marketing. E il messaggio può partire soltanto dai giocatori: sono loro che devono rimettere l’azzurro al primo posto e rivalutare il peso della Nazionale, considerandola un traguardo prestigioso, il culmine della carriera. La prossima volta lo scugnizzo Insigne provi a dire no al suo presidente.