Mercoledì 24 Aprile 2024

Formula 1, riscossa Ferrari. Trionfa l'orgoglio tricolore

Vettel vince ancora, grazie ai tecnici di casa nostra

F1, la Ferrari di Vettel trionfa nel Gp del Bahrain (Afp)

F1, la Ferrari di Vettel trionfa nel Gp del Bahrain (Afp)

MARANELLO (Modena), 18 aprile 2017 - Ferrari, Italia. E forse ci si potrebbe fermare qui, alla dichiarazione identitaria che somma e racchiude settant’anni di storia. Nel bene e nel male: perché, a scanso di equivoci, nella vita come nello sport si vince e si perde. Insieme, se si è intelligenti. Divisi, se prevale la mancanza di partecipazione.

Ferrari, Italia. Dice Niki Lauda, che pure a Maranello ha vissuto giorni di gloria, che adesso a Maranello le cose da Gran Premio funzionano perché Mattia Binotto, il giovane direttore tecnico, è... svizzero!

Ora, peccato che Binotto, voluto da Sergio Marchionne sulla poltrona che scotta, sia italianissimo a dispetto del luogo di nascita, con residenza a Reggio Emilia. Ma nel sarcasmo di Niki risiede l’alterigia straniera, quella sottile forma di disprezzo che potremmo riassumere così: pizza, sole e mandolino, voi nipotini di Dante siete buoni solo a cuocere spaghetti...

E INSOMMA, dinanzi alla nuova vittoria di Vettel con la Rossa – la seconda in tre gare, più un secondo posto –, stavolta tra le dune del deserto, siamo qui a fare i conti con un antico pregiudizio. Se Ferrari significa Italia, pensano spocchiosamente oltre le Alpi, come diavolo fa a funzionare? Nel Belpaese del Pil bloccato, della corruzione fisiologica, della ingovernabilità permanente?!?

Proprio non capiscono, da Lauda in giù. E sono stati spiazzati da Sergio Marchionne, il più cosmopolita dei presidenti Ferrari, per un terzo abruzzese, per un terzo canadese, per un terzo svizzero (lui sì, mica Binotto).

Beh, è stato questo manager poliglotta con pullover incorporato, meno di un anno fa, a dichiarare guerra ai luoghi comuni. «Non mi servono tecnici stranieri», ha proclamato. Basta con gli Higuain e i Dybala del computer. «Possiamo tornare a vincere in Formula Uno valorizzando le risorse interne». Nostrane.

FERRARI, Italia. Onestamente, all’epoca delle scelte Marchionne è stato preso per pazzo. Non bastava il Binotto pseudo svizzero alla direzione tecnica. A governare il delicatissimo settore della aerodinamica è stato collocato un ex studente della università di Pisa. Si chiama Enrico Cardile: entrato in fabbrica come stagista, si occupava delle auto di serie, della produzione. Marchionne gli ha comunicato che doveva occuparsi della macchina di Vettel e Raikkonen. Oltre confine (ma anche in Italia, l’assalto al carro del presunto vincitore del mondiale 2017 ancora doveva cominciare...) si sono messi a ridere.

Adesso, ridono meno. Ferrari, Italia si trasforma in una equazione sorprendente, clamorosamente sorprendente. E nel frattempo gli operai della azienda incassano un premio speciale di cinquemila euro, altro che gli ottanta euro del bonus di Renzi, perché il marchio va benissimo e la quotazione in Borsa ha giovato ai conti e alla immagine.

PIÙ di ottomila auto vendute nel 2016, richieste di mercato che rendono probabile lo sfondamento del muro delle diecimila macchine, al punto che semmai sarà il caso di riflettere sulla opportunità di non esagerare con le vendite, essendo un valore l’unicità del prodotto Made in Maranello.

Ferrari, Italia. C’è da essere orgogliosi, eh?