Giovedì 25 Aprile 2024

Italia-Gemania, vince il Made in Italy

Da Ancelotti a Trapattoni, in Germania i maestri siamo noi. Il Bayern orgoglio teutonico chiama i tecnici italiani: Carletto ora per la Champions

Giovanni Trapattoni e Carlo Ancelotti (FotoSchicchi)

Giovanni Trapattoni e Carlo Ancelotti (FotoSchicchi)

Montpellier, 1 luglio 2016 - Insiema alla notissima Giungla del Congiuntivo, esiste anche la Foresta dei Luoghi Comuni. Sì, quella sequenza di frasi fatte che fatalmente si trasformano in verità incontestabili. Esempio: gli italiani sì che hanno la fantasia, mica i tedeschi. Oppure: i tedeschi sì che conoscono il valore della disciplina, mica quegli sfaccendati lazzaroni degli italiani. E via così, evocando una incompatibilità sostanziale, perfidamente accentuata, in epoca recentissima, dal diverso (eufemismo!) approccio dei due Paesi ai rigori figli dell’euro, la moneta comune.

Carlo e il Trap. Ma insomma. Se gratti la vernice, se soffi lontano la polvere, ti accorgi che non sempre le cose stanno così. Non è forse vero che il Bayern Monaco, il grande Bayern, per tornare a vincere la Champions ha scelto l’emilianissimo Carlo Ancelotti? E non ha dichiarato, Carlone nostro, che ‘non sarà un problema adattarsi alla cultura dei bavaresi, in fondo ci sono molte similitudini tra i due popoli, anche se ammetto che imparare la lingua non è tanto semplice….’? Del resto, in Germania hanno il dono del pragmatismo. Guardano alla sostanza e i luoghi comuni li accantonano in fretta. Una ventina di anni fa, in un calcio distinto e distante, sempre il Bayern fu orgoglioso di ingaggiare Giovanni Trapattoni, il simbolo di una italianità ostentata. E furono talmente contenti, i bavaresi, da richiamarlo dopo un po’, tanto che il diretto interessato ricorda con affetto «la loro disponibilità nei confronti dello straniero, forse io non ero stato perfetto nella pronuncia quando mi sfogai in tv contro Strunz, però vi assicuro che capirono benissimo… ».

In azienda. Dunque, piantiamola con le false leggende. Loro, i tedeschi, non ce l’hanno con noi. «Credo che l’esperienza di Schumacher in Ferrari abbia attenuato più di un pregiudizio» racconta Stefano Domenicali, allora dirigente Ferrari, oggi presidente della Lamborghini, azienda controllata dal marchio Audi. «Schumi in patria era popolarissimo, venne in Italia e a casa sua non tutti pensavano che avrebbe trovato, a Maranello, la macchina per vincere. E invece battè tutti i record… ». Alla fine della fiera, senza arrivare ad affermare che ci vogliono bene, perché questo magari è eccessivo, i tedeschi sotto sotto ci stimano. «Lavorare con loro è stimolante – aggiunge Domenicali -. Sono esigenti, ma hanno anche l’umiltà di imparare, se capiscono che qualcuno può saperne più di loro. Quanto poi ciò si estenda al calcio e alla partita che ci aspetta lì all’Europeo, chissà… ». Solo un attimo ancora di pazienza e lo scopriremo, domani sera a Bordeaux.