Giovedì 18 Aprile 2024

Copa America, Vidal e il Cile contro Messi. La finale è già esplosiva

Nel mirino i cori dei tifosi argentini che ricordano la guerra delle Falkland

Messi guida l'Argentina in Coppa America (Afp)

Messi guida l'Argentina in Coppa America (Afp)

Santiago del Cile, 2 luglio 2015 - Sono passati oltre cinquant’anni, ma le cronache dal Cile per questa Coppa America, anche se in scala minore, ricordano quelle, senza gloria, del mondiale del 1962 giocato a Santiago. L’edizione della Coppa del Mondo passata alla storia come la più violenta, e probabilmente più corrotta, di sempre. Segnata, per il calcio italiano, dal triste ricordo della «Battaglia di Santiago», come fu ribattezzata la sconfitta con il Cile in quella partita trasformata in una rissa dal cileno Sanchez, con due cazzotti non visti a Maschio e David, mentre l’arbitro inglese Ken Aston, l’uomo nero della nazionale italiana prima dell’avvento di Byron Moreno in Corea nel 2002, preferiva guardare da un’altra parte, con l’espulsione vergognosa di Ferrini e dello stesso David.

Non siamo a quei livelli, anche perché, rispetto a cinquantatrè anni fa, la televisione non consente di nascondere i pugni. Ma gli schiaffi, a quanto pare, sì. Come nel caso, clamoroso, di Vidal, l’idolo di casa, graziato per la manata rifilata al peruviano Zambrano nella semifinale vinta 2-1 dalla squadra di casa. Come nel ’62, a proposito di analogie, a farne le spese è stato lo schiaffeggiato, il difensore Zambrano, espulso dopo venti minuti per uno scatto di nervi, lasciando così il suo Perù in dieci, destinato all’inevitabile sconfitta. 

Del resto, lo stesso Zambrano qualche anno fa aveva fatto sapere di essere pronto «a giocare con il coltello contro il Cile», a conferma di quanto siano aspre le rivalità fra nazionali sudamericane di paesi confinanti. Una contesa, con relativa febbre del tifo, fortissima per la finale di dopodomani, sabato 4, ore 22 in diretta su Gazzetta Tv in esclusiva per l’Italia, Cile-Argentina. Con tanto di richiami politici alla guerra delle Malvinas, come le chiamava Maradona (la «mano de Dios»), o Falkland, con il ruolo del Cile pro-Gran Bretagna in quel conflitto che si chiuse con la sconfitta di Buenos Aires. Una vicenda rievocata in questi giorni dai tifosi argentini in cori che si concludevano con l’invocazione di inondazioni per il Cile, slogan presi giustamente malissimo in una nazione ferita nel 2010 da tsunami e terremoto. Questo è il clima.

L’Argentina è arrivata in finale spazzando via con sei gol a uno il Paraguay, doppietta di Di Maria, Rojo, Pastore, Aguero e Higuain (dopo che nella fase a gironi era finita 2-2), con tre assist di un entusiasta Messi: «Con il Cile sarà come una finale mondiale, voglio questa Coppa», il suo proclama in vista dell’ultimo atto di questa turbolenta edizione, che ha visto, oltre alle bufere arbitrali, anche il crollo del Brasile di Dunga, eliminato nei quarti di finale, ai rigori, dal Paraguay poi umiliato dall’Argentina. Il secondo, clamoroso flop consecutivo della «Selecao» dopo il mondiale dello scorso anno in casa, ma che non ha portato al licenziamento di Dunga, confermato nel suo ruolo per una ricostruzione non facile. Le macerie brasiliane sicuramente non sono sgradite agli argentini, ma Messi esagera nel definire l’ultima sfida con il Cile importante come la finale di un mondiale. E’ chiaro che è anche un modo del quattro volte Pallone d’oro «per cercare di cancellare, un anno dopo, la delusione per la sconfitta con la Germania nella partita conclusiva del mondiale 2014, e per rilanciare la sua sfida al mito di Maradona anche con la casacca della nazionale.

Il Cile, spinto in finale anche da arbitraggi compiacenti (subito un rigore molto generoso nel match d’apertura con l’Ecuador, la provocazione tollerata ai danni di Cavani), punta tutto su Bravo, Vidal e sull’eroe per caso Edu Vargas, l’attaccante del Napoli emerso dal suo anonimato partenopeo per segnare due gol al Perù nella contestatissima semifinale. La Coppa America aspetta la sua regina, in quella che si annuncia una finale molto bollente, con Vidal e Messi protagonisti e simboli delle due squadre. Sarà di nuovo una «Battaglia di Santiago»?