Martedì 16 Aprile 2024

Francesca Michielin vuole “di20are” grande

La interprete e cantautrice 21enne, una vittoria a X Factor, si racconta: "Studio musica classica per fare pop". E comincia il tour della verità

Milano, 26 settembre 2016 - ALMENO LEI. Studia. Suona. Pensa. Scrive. E ovviamente canta. Francesca Michielin, 21 anni, una vittoria a X Factor, due anni quasi sabbatici per finire il liceo classico sperimentale con molti progetti interessanti, singoli multiplatino e album d’oro, da “Riflessi di me” (2012) all’ultimo “di20are” dopo un ottimo Sanremo 2016 e un grande singolo, “Nessun grado si separazione”, portato in inglese all’Eurosong. “Almeno tu” è il nuovo singolo ed è la canzone di “Piuma”, film di Roan Johnson presentato a Venezia; suo il testo e musica di Colin Monroe e April Bender. Lo racconta così: «Succede che capita. La vita è un oceano blu, intenso e fragoroso che ti coglie alla sprovvista e cambia quando meno te lo aspetti. A volte ti senti come una paperella di gomma sola in mezzo al Pacifico e non sai bene dove andare». Musicista, interprete, cantautrice. Il 5 ottobre a Brescia parte il tour nei club, undici date con la sua band. Ma lei non hai mai smesso di studiare

E continua.  «Sempre. Sono al secondo anno di composizione al conservatorio e iscritta a Beni Culturali indirizzo Cinema a Ca’ Foscari, Venezia. Appena stacco con il lavoro, riprendo. Ho fatto un liceo classico sperimentale, fra le materie c’era linguaggio cinematografico: da lì è venuta la passione e l’interazione con il cinema. Il liceo è importante perché ti ritorna tutto: io leggo, scrivo (suono) tutti i giorni. Non ero brava in filosofia, ma il concetto di tesi-antitesi-sintesi me lo sono portato in tasca sempre. E come provocazione ho scritto la versione in latino del pezzo di Sanremo “Nessun grado di separazione, per un duetto con Ale Cattelan (in “Deinde Cattelan est” a Sky, ndr)”.

Cosa succede sul palco? «Siamo in cinque, tutti polistrumentisti, è il disco potenziato dalla band. Io suono sette strumenti: piano e basso elettrico, chitarra da autodidatta, percussioni (mio fratello è batterista), glockenspiel (il suono delle campane). Strumenti nuovi, elettronica e synt. Ho comprato un Moog vintage, uso il (V Synth) Vocal Designer. Arrangio anche per orchestra: è quel che sto studiando (classica, contemporanea). Anche piano jazz alle medie, mi è servito tantissimo».

La scelta dei club? «È più viscerale e vero rispetto ai teatri, per il linguaggio e il pubblico. Puoi sperimentare arrangiamenti elettronici, un rock meno pettinato. Le luci sono essenziali, minimali: adatte alle canzoni. Comincio da sola, ho fatto anche dei concerti in solo per presentare l’album, poi entra la band».

Quali sono le tue influenze musicali? «Robert Wyatt e i Soft Machine, Peter Gabriel. Franco Battiato è un mito di famiglia e io ho anche aperto un suo concerto: lui si è seduto in platea e mi ha ascoltato. Si prende i tempi giusti e io ho deciso di fare altrettanto: tre anni, con il sostegno di Sony, per questo disco. Adesso sto scrivendo tantissimo, voglio un linguaggio profondo ma comprensibile, interiore, fico, cantabile (per adesso faccio casino). Se conosci la musica classica puoi fare elettronica, deve essere un linguaggio consapevole. Non si può ignorare il passato».

Il “di20are” Live, dopo il debutto del 5 ottobre a Brescia, va il 6 al Fabrique di Milano, l’8 al Supersonic di San Biagio di Callalta (Treviso), il 14 all’Hiroshima Mon Amour di Torino, il 15 al Vox di Nonantola (MO), il 21 al Papillon 78 di Siena, il 22 al Campus Industry Music di Parma, il 25 all’Orion di Roma, il 27 al Duel Beat di Napoli, il 28 al New Demodé di Bari e per terminare il 29 alle Industrie Musicali di Lecce.