Venerdì 19 Aprile 2024

Il miracolo di Rigopiano: "Noi sopravvissuti, ci sentiamo in colpa per essere vivi"

Scampati alla strage con i figli. Giampiero Parete e la moglie Adriana hanno scritto un libro

La famiglia Parete (foto Nicoletta Valdisteno)

La famiglia Parete (foto Nicoletta Valdisteno)

Pescara, 16 gennaio 2018 - Adriana e Giampiero Parete, il «miracolo di Rigopiano». Siete tornati da quell’inferno con i vostri figli, Gianfilippo e Ludovica, Gianfi e Ludo. Siete tornati tutti. Insieme avete firmato un libro, «Il peso della neve» (Mondadori, in uscita oggi). La scrittura come terapia.

Giampiero: «È stato il nostro modo di affrontare le paure, di confrontarci su quel che avevamo vissuto. Prima non ne parlavamo mai».

Oppressi dal senso di colpa per essere vivi. Vergogna, pudore, scrivete.

Giampiero: «Continuiamo a chiederci, perché proprio noi? Stiamo imparando a convivere con questo sentimento. Non so davvero che cosa abbiamo fatto per meritare quel che ci è successo o cosa dovremmo fare ancora. Come ti sdebiti da un miracolo? È come se la famiglia Parete avesse comprato tre biglietti della lotteria e avesse vinto primo, secondo e terzo premio».

Rigopiano, strage inaudita. Vi siete più incontrati con le famiglie delle 29 vittime?

Adriana: «Capita di vedersi alle visite per il tribunale. Ci guardiamo senza parlare. Una volta mi hanno chiesto: ma dov’era lui, e lei cos’ha detto? Io non sapevo rispondere, mi sentivo in colpa anche per questo. Avrei voluto riferire un ultimo messaggio, un racconto, qualcosa».

Là sotto nel buio, al freddo, l’aria irrespirabile per il fumo dei camini, suo figlio che aveva bisogno di medicine. Ludovica chissà dove. Avete pregato.

Adriana: «Sono infermiera, m’imponevo di stare calma, di non piangere. Dovevo pensare a Gianfilippo. Sentivo voci, lamenti che non dimenticherò mai. Avevo paura a fare domande. Pensavo: e se mia figlia ora mi grida, sono qui aiutami, come faccio? Non riuscivo a muovermi».

Intanto lei Giampiero, uscito per prendere le medicine e scampato, era salito sulla cima della valanga. Unico segno di vita Nuvola, uno dei cani. Ore di telefonate ai numeri d’emergenza, la prima al 112, nessuna risposta. Il 118 l’ha messa in attesa. Qualcuno ha minacciato: la denuncio. L’unico che le ha creduto: Quintino Marcella, il suo socio, che vi aveva regalato la vacanza. Lei sprofondava «in quell’impasto gelido fino alla vita», convinto che fossero morti tutti. Di sotto, Adriana percepiva i rumori e s’illudeva.

«Noi ci siamo salvati, non provo più la rabbia di quei giorni. Se avessi perso la mia famiglia non sarei la stessa persona. Ci sono state fatalità, le telefonate si sono intrecciate. Io e Fabio Salzetta (il manutentore dell’hotel, tra gli scampati, ndr) per un po’ non siamo stati raggiungibili, il cellulare si era bagnato».

Poi lo avete asciugato in auto. E qualcuno le ha chiesto persino la distinzione tra slavina e valanga.

Giampiero: «Pensavano a una bufala, non credevano al pericolo. Avrebbero dovuto prendere sul serio l’allarme fin dal primo secondo. Non era una telefonata come le altre».

Scrive: «Intorno alle dieci di sera la batteria era quasi finita, ma il telefono continuava a squillare. Ha chiamato persino il prefetto». Le ha chiesto le generalità. Lei Giampiero è esploso: «Mo’ mi avete rotto il cazzo». Poi ci sono gli eroi. I soccorritori. I vigili del fuoco.

Adriana scoppia a piangere: «Loro sono i miei psicologi. Sono diventati mamma genitori fratelli. Io qui in Italia non ho nessuno, sono tutti in Romania».

Un’ancora, per i vostri figli. Si tranquillizzano solo alla vista di una caserma. È stato così anche quando a scuola li hanno riaccolti con un’esercitazione anti terremoto che li ha terrorizzati.

Giampiero: «Ormai loro sono una famiglia acquisita. Ci siamo incontrati lassù. Il Signore avrà voluto metterci davanti persone speciali, ce le porteremo dietro per tutta la vita».

Il 17 gennaio vi eravate incolonnati verso l’hotel, avevate promesso quella vacanza ai bambini.

Giampiero: «Mio figlio l’altro giorno mi ha detto: babbo, se nevica sul terrazzo ci gioco, in montagna non ci torno». Adriana: «Vedo la pubblicità di un hotel con piscina e sento un nodo alla gola».

I segni, addosso. Oggi che persone siete?

Adriana: «Ad ogni piccolo rumore salto su, il cuore batte a mille. Succede anche a Gianfilippo». Giampiero: «Provo a tenermi sempre occupato, non mi arrabbio più come prima. Ludovica fa domande quando meno te lo aspetti, la sua testolina torna là. Io il mio ultimo giorno l’ho già vissuto. Mo’ quello che c’ho d’ora in avanti è tutto un di più. Alla cerimonia del 18? Non so dire ancora se ci saremo. Ma ci sentiamo vicini a quelle famiglie in ogni momento. Per noi Rigopiano è tutti i giorni. Ci aspettiamo giustizia, come tutti. E saremo in tribunale. Lì racconteremo tutto».