La festa triste di un'Europa senza anima

Legittime proteste ogni anno quando, per Natale o in qualche altra festa comandata, i musei restano chiusi per i turisti che affollano l’Italia

Legittime proteste ogni anno quando, per Natale o in qualche altra festa comandata, i musei restano chiusi per i turisti che affollano l’Italia. Imbarazzate risposte dei direttori che non sanno come giustificare le chiusure. Ministri che non si fanno trovare, sindaci spaesati. Si celebra a Roma il sessantesimo anniversario dei Trattati europei, discorsi e celebrazioni, e i principali musei sono chiusi, la città è blindata, poliziotti ovunque, saracinesche di negozi serrate. E che anniversario è? Della ignoranza, della paura, del terrore. Una festa è come l’inaugurazione della primavera, tutto è aperto, non chiuso, come negli stessi giorni, anche a Roma, favorisce il Fai.

I potenti devono aumentare, non diminuire le garanzie per i cittadini. Non si chiudono i musei aperti, si aprono i musei chiusi. Questa Europa triste è una prigione. L’Europa non è una pura confederazione di Stati, non è una unione di interessi economici con diversi equilibri; l’Europa è un sentimento. Non c’è nazione, o comunità di nazioni senza lingua, e senza comune spirito.

Novalis l’aveva profetizzato scrivendo «Cristianesimo e Europa». Da lì bisogna partire. Non si può dare Europa senza il riconoscimento delle radici cristiane. Oggi l’Europa è orfana, e celebrando i trattati si celebra non una nascita, ma un aborto. È inutile parlare di Europa se non se ne ha coscienza. In realtà, questa falsa Europa ha una coscienza infelice, fatta di realtà diseguali e di sottovalutazioni di identità e nazionalità universali, umiliate come la Grecia e l’Italia.

Il solo pensiero di una Europa senza Grecia è una abiezione. Eppure, negando i valori spirituali, qualche anno fa questo sembrò possibile. Non c’è Europa senza cultura e senza religione.