Sabato 20 Aprile 2024

Gli intellettuali che si indignano a orologeria

Travolti dall’ira e dall’incontinenza di Daniele Benati, molti esaltati studiosi firmarono un appello al ministro (che non li calcolò) per denunciare il colpevole spostamento di un dipinto di Raffaello dalla pinacoteca di Bologna allo storico Palazzo Fava, ricco di affreschi dei Carracci, per una mostra sulla pittura bolognese «da Cimabue a Morandi». @VittorioSgarbi

Travolti dall’ira e dall’incontinenza di Daniele Benati, professore di Bologna a tempo pieno ma con molto tempo per assistere antiquari, molti esaltati studiosi firmarono un appello al ministro (che non li calcolò) per denunciare il colpevole spostamento di un dipinto di Raffaello dalla pinacoteca di Bologna allo storico Palazzo Fava, ricco di affreschi dei Carracci, per una mostra sulla pittura bolognese «da Cimabue a Morandi». Il dipinto, con il benestare del sovrintendente e del direttore del museo, si mosse di circa quattrocento metri e fu esposto in bella evidenza. Trecento fatui, senza aver visto la mostra e senza nulla saperne, firmarono ignari. Fra essi Carlo Ginzburg, Anna Ottani Cavina, Antonio Pinelli, Giovanni Agosti, Anna Maria Ambrosini, Andrea de Marchi, Alessandro Ballarin, Tomaso Montanari, Bruno Toscano, Andrea Bacchi, Francesco Caglioti, Maria Pia Guermandi, Keith Christiansen, pronto a ospitare al Metropolitan Museum di New York opere esportate illegalmente dall’Italia, e altri minimi, ma desiderosi di apparire, coinvolgendo surrettiziamente anche «Italia nostra». Posso garantire che tutti firmarono alla cieca per insolente pregiudizio, quando la mostra era ancora in elaborazione. Fino a scrivere: «La mostra è priva di alcun disegno storico e della benché minima motivazione scientifica, un insulto alle opere, trattate come soprammobili e all’intelligenza del pubblico».

La risposta dei visitatori e gli unanimi positivi commenti sui giornali, a firma di illustri cattedratici e critici, a ragion (e a mostra) veduta, furono eloquenti.Un lettore dell’appello scrisse: «Ho visto la mostra e l’ho trovata molto interessante. Come me tanti altri con cui ho parlato. Tanto basta. Il resto sono chiacchiere di pseudo intellettuali che non hanno altro da fare». Più nessuno di quegli indignati si manifestò per il trasferimento della stessa opera a Mosca e a Torino (per mostre modeste) e per la lunga transumanza della «Muta» di Raffaello di Urbino: silenzio fitto e impenetrabile. Non Ginzburg, non Benati, non Caglioti. Non stupisce perciò il loro silenzio e la rinuncia a rinnovati appelli per un caso analogo, che io ovviamente non ritengo scandaloso (mentre mi appare scandaloso il loro silenzio colpevole): la utile mostra, che si manifesta come una parata di capolavori sottratti alle loro sedi naturali, di chiaro «valore identitario», sul «Cinquecento a Firenze», appena inaugurata a palazzo Strozzi, senza proteste e tumulti. Eppure, nella mostra, sono presenti due opere assolutamente pertinenziali e non meno significative della «Santa Cecilia» di Raffaello. La “Deposizione” di Pontormo, sottratta alla cappella Capponi nella chiesa di Santa Felicita, ricca di altri dipinti di Pontormo e di Bronzino; e la “Deposizione” di Rosso Fiorentino di Volterra, datata 1521, l’opera più importante della bella città. Ginzburg dorme? Montanari dorme? Benati dorme? Sono distratti? Hanno abiurato ai loro principi? Tutta la mia stima ad Antonio Natali, curatore della mostra con Carlo Falciani che ha stanato i dipinti più belli del manierismo in Toscana per farli conoscere a tutti. Bravo. E fortunato che i vili firmatari non se ne sono accorti.

@VittorioSgarbi