Mercoledì 24 Aprile 2024

L'Italia esca allo scoperto, capofila in Europa e in aiuto delle imprese

L’ITALIA ESCA ALLO SCOPERTO CAPOFILA IN EUROPA E IN AIUTO DELLE IMPRESE

L’ECONOMIA CIRCOLARE è ormai sulla bocca di tutti e sentiamo ogni giorno che i governi europei si impegnano a ridurre i rifiuti in modo da intercettarne i benefici economici. Questo almeno a parole poiché ciò che accade nei negoziati, dietro le porte chiuse, è talvolta una storia completamente diversa. Attualmente le proposte in discussione rientrano in tre principali direttive UE: la direttiva sui rifiuti, la direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio e la direttiva sulle discariche. Si stima che una transizione completa a un’economia circolare, oltre alle proposte attualmente in discussione a Bruxelles, potrebbe generare risparmi di circa 2mila miliardi di euro entro il 2030. Ciò equivale a un aumento del 7% del PIL dell’UE, con un aumento dell’11% del potere d’acquisto delle famiglie e 3 milioni di nuovi posti di lavoro supplementari. Si tratta di disegnare un nuovo modello economico, crederci, supportarlo, favorire aziende che su questo investono e creano economia. Le proposte già approvate dal Parlamento europeo nel marzo scorso prevedono obiettivi ambiziosi: 70% del riciclo per i rifiuti urbani e 80% per gli imballaggi; target per la preparazione al riutilizzo; un incremento della raccolta differenziata per tutte le tipologie di rifiuti, ed in particolare un obbligo generalizzato di separazione della frazione organica; nuove norme a livello europeo per la responsabilità del produttore e obiettivi di prevenzione al 2030. L’ambiziosa riforma però è a rischio. Se nelle negoziazioni prevarrà la posizione conservatrice di diversi Paesi, infatti, la transizione verso l’economia circolare nei prossimi anni sarà molto probabilmente in stallo. Questo è quanto emerge dall’indagine a livello europeo guidata da European Environmental Bureau (EEB), Friends of the Earth Europe and Zero Waste Europe, a cui ha contribuito anche Legambiente. In particolare le associazioni hanno inviato un questionario agli stati membri per valutare se sosterranno le proposte chiave per rafforzare la politica europea sui rifiuti, nei negoziati che si svolgeranno a Bruxelles nelle prossime settimane. I Paesi che rifiutano categoricamente gli obiettivi più ambiziosi del pacchetto sono Ungheria, Lituania e Lettonia. Repubblica Ceca, Italia, Svezia, Portogallo, Lussemburgo e Slovacchia sono a favore di un obiettivo di riciclo del 65% ma sono piuttosto restie su altre misure prioritarie. Il Regno Unito, la Germania, la Polonia, l’Irlanda, la Slovenia e la Croazia invece non hanno voluto condividere la loro posizione, in contrasto con la posizione progressiva e trasparente adottata dal Parlamento europeo. Nelle fila dei supporter di una politica ambiziosa sui rifiuti e l’economia circolare, troviamo alcuni Paesi del Sud Europa, come la Grecia e la Romania, nonché la Spagna, che stanno chiedendo un maggiore sostegno al riciclo, alla prevenzione dei rifiuti, alla preparazione al riutilizzo e alla migliore raccolta differenziata. Altri paesi che sostengono le riforme sono la Francia, il Belgio e i Paesi Bassi. E l’Italia? Il nostro Paese ha dichiarato che supporterà, in fase di negoziato, i target di riciclo proposti dalla Commissione, i requisiti minimi riguardo la responsabilità estesa al produttore e l’obbligo di raccolta differenziata per la frazione organica dei rifiuti urbani. Al tempo stesso non supporta i target specifici per la preparazione al riutilizzo dei rifiuti urbani e non ha preso posizione riguardo i target di prevenzione dei rifiuti (al 2025 e al 2030) e l’obiettivo di almeno il 10% di riutilizzo di imballaggi. Il governo italiano purtroppo sta svolgendo un ruolo di retroguardia, in contrasto con gli interessi nazionali, nonostante oggi il Paese abbia tutte le carte in regola per fare da capofila nell’Europa dell’economia circolare, come dimostrano le aziende campioni della circular economy made in Italy che Legambiente ha premiato a Bruxelles lo scorso 24 aprile. Inoltre è bene considerare che questa riforma, se ambiziosa, sarebbe una manna per le aziende italiane visto che siamo leader in Europa per know-how e tecnologie su riciclo e riuso e abbiamo alcune esperienze di gestione dei rifiuti tra le migliori a livello internazionale, come Milano o Treviso. È fondamentale che in sede di Consiglio l’Italia sostenga una riforma ambiziosa della politica comune dei rifiuti. Il nostro governo deve fare la sua parte, per supportare le decine di aziende, imprese ed esperienze che già oggi praticano l’economia circolare e per far in modo che in Europa e nel nostro Paese si realizzi quella che è una strategia moderna e sostenibile per uscire dalla crisi, senza nascondersi dietro le posizioni di retroguardia di alcuni Stati membri che contrastano gli obiettivi sostenuti dal Parlamento.