Giuseppe Mantellassi: "Noi Testimonial del Morellino"

Una selezione dei pregiati toscani

Una selezione dei pregiati toscani

TRENTAQUATTRO vendemmie e non sentirle. Giuseppe Mantellassi proprietario – con il fratello Aleardo – della Fattoria Mantellassi a 49 anni ha ancora voglia di mettersi in gioco. In un mercato che non lascia spazio all’improvvisazione. Anche per questo l’attuale vicepresidente del Consorzio Tutela Morellino ha voluto continuare il percorso di successo tracciato dal padre Ezio e dal nonno Aleardo sin dal lontano 1960, anno in cui la famiglia ha iniziato l’avventura nel mondo del vino. Una storia lunga quasi sessant’anni la vostra... «Proprio così, abbiamo festeggiato 57 anni di una storia che ha sempre coinciso con passione. La passione per una terra che esprime grandi potenzialità per quanto concerne l’economia rurale italiana». La terra del Morellino, una delle tante meraviglie del gusto della Maremma. «La Maremma è un territorio capace di successi legati al paesaggio e alla natura. Mio padre, dal 1974, ha lavorato per ottenere la doc che ha dato al vino della nostra area una vetrina internazionale. Ci sentiamo orgogliosamente pionieri e testimonial del Morellino». Quanta passione nel suo lavoro?  «C’è tanta passione, prima di tutto. Una passione che dura da tre generazioni. Mio figlio si sta avvicinando al nostro lavoro. Ma non c’è solo la passione...». E quindi? «Intendo dire che la voglia di fare non basta. Abbiamo settanta ettari di vigna di proprietà e venti in affitto, un centinaio in totale. Produciamo un milione di bottiglie l’anno, 700mila di Morellino. Insomma con questi numeri non ci si può improvvisare». Resta comunque un’azienda piccola... «Dimensionamente forse. Siamo 15 persone tra avventizi e fissi. Ma è quanto rappresentiamo e quanto rappresentano le aziende come la nostra a fare la differenza». Esistono ricette per essere più competitivi? «Cercare di rimanere saldi sulla territorialità. Perché oggi non è semplice mantenere o incrementare le posizioni». L’estero potrebbe essere la via giusta? «Per quello che ci riguarda copriamo il mercato estero con un 25% della produzione tra Stati Uniti e Asia, ma l’export per la Maremma resta un tabù». In che senso? «Nel senso che abbiamo ancora bisogno di far conoscere il territorio nonostante sia così bello e attrattivo. La Toscana fuori dai suoi confini è troppo legata al Brunello, ai Bolgheri, al Chianti, perché quei luoghi fanno la differenza oltre alla qualità dei vini che esprimono. La strada è quella della rete e del lavoro in sinergia. La volontà a noi non manca. Siamo pronti a questa sfida» .