Giovedì 25 Aprile 2024

Tradizione e innovazione: Casadei riscopre il vino in anfora

Il Gruppo toscano protoccolo biontegrale e antichi contenitori: le nuove sfide

ELENA E STEFANO CASADEI_WEB

ELENA E STEFANO CASADEI_WEB

PONTASSIEVE (Firenze) IL GRUPPO Casadei (tenute nel Chianti Rufina, nell’Alta Maremma e in Sardegna) dopo aver lanciato il protocollo di coltivazione Biointegrale (evoluzione del Biodinamico) sposa un nuovo stile di fare vino (ri)scoprendo uno dei più antichi contenitori per la vinificazione e l’affinamento: le anfore. Che danno vini – dice Stefano Casadei alla guida della maison con la moglie Anna Baj Macario – «che sono pura espressione del frutto che solo l’anfora sa esaltare e amplificare». I primi esperimenti a Castello del Trebbio, il cuore pulsante del gruppo, risalgono al 2011. Oggi delle 700mila bottiglie prodotte nelle tre tenute 40mila sono frutto di sola anfora, mentre un 20% dell’intera produzione si divide tra acciaio e anfora. «Andremo avanti su questa strada – aggiunge Stefano – ma senza esagerare. Vogliamo che resti una nicchia». La scelta si sta dimostrando vincente, sia sul mercato interno sia su quello estero, dove va il 60% delle bottiglie prodotte, con una tenuta (Casadei a Suvereto) tutta dedicata agli ‘internazionali’ (merlot, syrah e cabernet vari). La produzione in anfora esalta il protocollo Biointegrale di gestione delle tenute. Quello che è applicato nella tenuta sarda Olianas, tutta e solo biointegrale. Vini da sorseggiare, cibi di qualità, dimore rurali dove alloggiare, castelli da visitare. Come quello del Trebbio, antica dimora della famiglia dei Pazzi, acquistato dal conte Giovanni Baj Macario nel 1969, teatro nei giorni scorsi di una maxi-degustazione di 50 anni di Sangiovese Riserva (il ‘Lastricato’) dagli anni ’70 del secolo scorso ai giorni nostri. Con sorprese: come scoprire l’integrità di annate come il 2004, il 1999 e il 1995. Stupefacente longevità donata dal territorio della Doc Rufina al Sangiovese toscano.