Il Mondo magico di Bruno Munari

Palazzo Pretorio è subito dietro l’imponente cinta di mura, restaurate di fresco: quelle da sole meritano una visita. Il palazzo dei signori di Cittadella, i Sanseverino prima e i Malatesta poi, quelli per capirci di Paolo (e Francesca) e del libro galeotto cantato da Dante nel quinto canto dell’Inferno.

Curva di Peano (1975)

Curva di Peano (1975)

Palazzo Pretorio è subito dietro l’imponente cinta di mura, restaurate di fresco: quelle da sole meritano una visita. Il palazzo dei signori di Cittadella, i Sanseverino prima e i Malatesta poi, quelli per capirci di Paolo (e Francesca) e del libro galeotto cantato da Dante nel quinto canto dell’Inferno. Raffinatissima la scatola, ghiotti i “cioccolatini” di Bruno Munari (1907-1998), artista, designer, pedagogo, sperimentatore, amante del Giappone e si potrebbe continuare per un bel pezzo. Questa mostra incarna a pieno il suo spirito e indaga i campi di indagine della Terra e dell’Aria. «E’ l’idea che la creatività ce l’hanno dentro tutti, grandi e piccoli, e che vada sempre sollecitata e tirata fuori, perché ci fa vivere meglio», spiega con entusiasmo Piero Baggio, presidente di una Fondazione costruita a metà tra le Casse di Padova e Rovigo e il Comune di Cittadella. l tutto accompagnato e sorretto da industriali della siderurgia che tengono al loro territorio, e dall’Università di Padova, che fornisce giovani ricercatori indirizzati da Guido Bartorelli. Cittadella da otto anni fa mostre che mantengono quello che promettono (e non è poco, considerando che possono permettersi di non far pagare il biglietto). Questa di Munari lo conferma.

«L’ARTE, che un tempo era privilegio di pochi uomini, sta diventando una espressione possibile a ciascuno di noi? Si sta riducendo positivamente la distanza tra l’artista e l’uomo normale?» scriveva Munari in ‘‘Artista e designer’’ (1971). Provocazione avanguardistica, anti-artistica: tutte cose che non gli hanno mai consentito una classificazione rassicurante, Munari è quello che non è più che il contrario. Non è artista fino in fondo, non è designer in senso stretto: ma quanto abbiamo bisogno oggi di visioni laterali, di un po’ di sana serendipity e di sguardi non convenzionali? Prendiamo il video mandato in loop all’ingresso. Un salto mortale di un acrobata che dura tre secondi viene scorporato in frame lentissimi che durano tre minuti. L’uomo parte dalla terra, fa una capriola in aria, ritorna sulla terra e tu ti scopri incantato a vedere quello che sai già come finirà con la lentezza di un Bill Viola ante litteram. Munari ti ha già messo alla prova, fa vedere le cose con occhi diversi. Se accetti la sfida _ e la accetti per forza perché ti stai divertendo _ allora ti scoprirai a cercare simboli e rune sui sassi del fiume che poi torneranno dove sono stati presi il 6 novembre quando finirà la mostra; ti sorprenderai a proiettare su pareti buie immagini che sono frutto della tua capacità di entrare nell’arte attraverso telaietti di legno che contengono forme illuminate con pile al led; giocherai a poggiare un filo di lana sul piatto di una fotocopiatrice che dà origine a una forma casuale e su quella forma costruirai poi il tuo disegno, da non portare via ma da lasciare qui a memoria dei prossimi visitatori. Condivisione reale. Experience non virtuale. Soffierai sulle macchine inutili e le vedrai comporsi nello spazio con la lentezza dello spazio.

A Cittadella l'appuntamento con l'artista-designer

E POI le opere. Disegni a china sottilissimi e matite affilatissime per fissare su carta linee di pensiero, l’opera fa da guida alle opere del visitatore. Ma intanto c’è ‘‘Concavo-convesso’’ del 1947-49, che si muove con il soffio e proietta sviluppi inattesi di ombre sulla parete. C’è ‘‘Curve di Peano’’ (1974-75), un algoritmo di colori sempre nuovi e di forme componibili. Ci sono ‘‘Le Macchine Inutili’’, che tali non sono affatto e che il matematico Munari voleva appese a distanze rigorose da terra (58 centimetri) e la ‘‘Falkland’’, il design per gioco di una calza di filanca che diventa nel 1964 una lampada ancora oggi icona della creatività italiana nel mondo. Munari è tutto questo, ma è anche ‘‘Codice ovvio’’ il volume edito da Einaudi nel 1971 e ripubblicato da Corraini, in cui viene riassunta la sua poliedrica produzione. E ‘‘Bruno Munari - Codice ovvio’’ è il titolo della mostra che dal 6 al 10 settembre apre alla Galleria Corraini di Mantova (via Ippolito Nievo 7a - da lunedì a sabato 9.30 - 12.30; 15.30 - 19.30). Un’occasione per ammirare molti altri tasselli munariani, dalle sculture da viaggio ai libri per bambini.