Giovedì 25 Aprile 2024

Nello spazio la risposta all'invecchiamento

Grazie a cellule coltivate in assenza di gravità, cioè in orbita intorno alla Terra, malattie come il diabete potranno fare meno paura. Le cellule endoteliali sono ora studiate nei laboratori della Scuola Superione Sant'Anna di Pisa

Le analisi in laboratorio

Le analisi in laboratorio

Pisa, 25 novembre 2015 - Si cerca nello spazio una risposta contro l'invecchiamento. Grazie a cellule coltivate in assenza di gravità, cioè in orbita intorno alla Terra, malattie come diabete, ipertensione e aterosclerosi potranno fare meno paura. L'esperimento è cominciato con la benedizione di Asi  e Asa, le due agenzie spaziali, italiana e europea, che hanno finanziato e gestito un progetto di ricerca con obiettivi ambiziosi, quali il miglioramento della qualità della nostra vita. Così una navicella spaziale Soyuz di produzione russa è stata lanciata dal cosmodromo di Baikonur, nella steppa del Kazakistan con un carico di cellule endoteliali. Arrivato nella stazione spaziale internazionale, la stessa che fino a pochi mesi fa ha ospitato Samanta Cristoforetti, la preziosa coltura è stata presa in cura dagli astronauti Andreas Mogensen e Kimiya Yui, i quali l'hanno seguita giorno dopo giorno fino al suo ritorno  sana e salva sulla Terra. L'avventura è cominciata il 2 settembre alle 6,37 ora italiana, ed è terminata alle 2,51 del 12 settembre con un atterraggio perfetto. Dieci giorni per capire come la crescita e le modificazioni di quelle cellule nello spazio possano diventare una 'spia' per prevenire malattie gravi che colpiscono una buona parte della popolazione al di sopra dei 50 anni. Ora le cellule sono nei laboratori della Scuola Superione Sant'Anna di Pisa pronte ad essere interrogate e a dare le loro risposte. "Nello spazio gli astronauti sono soggetti ad un invecchiamento accelerato, ma reversibile, che simula in maniera fedele ciò che avviene sulla Terra in tempi molto più lunghi e in modo certamente non reversibile", spiega Debora Angeloni, ricercatrice dell'Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant'Anna, a capo del progetto 'Endothelial cells' che aveva preso il via nel 2009. "L'assenza di gravità si comporta infatti come una 'macchina del tempo' e nel giro di pochi giorni terrestri le cellule diventano più 'anziane' di diversi anni". Così succede che gli astronauti che restano sei mesi nello spazio invecchino di diversi anni  e poi recuperino quando fanno ritorno  sulla Terra. Per fare un esempio, si calcola che per quanto riguarda l'invecchiamento delle ossa quei sei mesi nello spazio equivalgano ai nostri 10 anni, quelli compresi tra i 50 e i 60. "Ci siamo accorti che a soffrire di più i processi di decadimento dovuti alla microgravità e alle radiazioni cosmiche non filtrate dall'atmosfera sono le cellule endoteliali, cioè le cellule che rivestono dall'interno i vasi sanguigni e che, una volta perduto il loro equilibrio, danno l'avvio a processi di malattie tipiche dell'invecchiamento. E' dunque una coltura di queste cellule che abbiamo inviato in orbita così da studiare la loro risposta, vedere come si adattano al nuovo ambiente e poter studiare l'accelerazione di quei fenomeni che sulla Terra avverrebbero in molti anni". Insieme a Debora Angeloni altre sei scienziate hanno lavorato all'esperimento: Ivana Barravecchia, Francesca Scebba, Olga Pyankova e Chiara De Cesari. Tutte insieme hanno elaborato il progetto italiano di 'bio-medicina spaziale' selezionato dall'Esa e poi finanziato dall'Asi. Dopo hanno preparato le cellule da inviare in orbita, facendole crescere e moltiplicare all'interno di microlaboratori speciali che stanno nel palmo di una mano, prodotti da un'azienda italiana, la Kayser, leader nella produzione di hardware e software per esperimenti biologici nello spazio. Infine hanno accompagnato quelle cellule fino a Baikonur, dove hanno assistito emozionate al lancio. Ora stanno leggendo i risultati. L'obiettivo è quello che ci dice Debora Angeloni: "Dobbiamo caratterizzare i meccanismi molecolari attivati dalla permanenza nello spazio, quegli stessi che probabilmente sono attivati anche dall'invecchiamento fisiologico dell'endotelio. Lo scopo finale è mettere a punto metodi per la prevenzione e per la riabilitazione. Meglio prevenire che curare è una verità costante e assoluta. Quindi capire quello che succede prima che un evento accada realmente, ci indica la strada per inibire le malattie, dà la possibilità di cercare farmaci che mantengano la cellula in equilibrio, riuscendo così a mantenere inalterato ciò che altrimenti si andrebbe a perdere e a controllare ciò che invece diventerebbe eccessivo". Per avere le prime risposte dalle cellule tornate dallo spazio ci vorranno alcuni mesi. Poi saranno necessari anche nuovi finanziamenti per approfondire la ricerca. Un sito web dedicato all'iniziativa, www.space-endo.eu, potrebbe essere di aiuto. Chiunque può aprirlo, guardare le foto, seguire il progetto nel suo avanzamento e contattare il team di ricerca.