Il rombo dei bolidi è un ricordo. De Tomaso, un mito nella polvere

Modena, la sede della scuderia regno di vandali e senzatetto

Sotto inchiesta Qn

Sotto inchiesta Qn

Vincenzo Malara MODENA, 2 ottobre 2014 - È COME se il tempo si fosse fermato, lasciando spazio alla rovina. Ma dentro la vecchia sede della scuderia De Tomaso, a Modena, qualcosa resiste al degrado, quattro prototipi sporcati dalla polvere che testimoniano la gloria del passato e il tentativo di un rilancio fallito. Siamo in zona Fiera, qui nel 1959 il pilota argentino Alejandro De Tomaso fondò un marchio che per quarant’anni ha sfornato vetture sportive di alto profilo amate dagli appassionati in tutto il mondo, come la Vallelunga, la Mangusta e la mitica Pantera. Con Ferrari, Maserati e altri nomi celebri, Modena è uno dei tasselli più luminosi della Motor Valley emiliana, ma la De Tomaso appartiene ormai ai ricordi. La morte improvvisa di Alejandro, nel 2003, condannò il marchio a un epilogo malinconico, culminato un anno dopo con la messa in liquidazione. A nulla sono serviti gli innumerevoli tentativi di rilancio, in ultimo l’acquisto dell’azienda nel 2009 da parte della famiglia torinese Rossignolo, travolta da un’inchiesta di truffa ai danni dello Stato. Della scuderia resta l’immenso stabilimento di oltre 5mila metri quadrati che il liquidatore giudiziale Claudio Gandolfo sta tentando invano di vendere all’asta da almeno 7 anni. 

INTANTO il tempo scorre impietoso dentro la casa dimenticata della De Tomaso. Un tempo che ha trasformato la storica fabbrica in terra di nessuno, luogo di conquista per senzatetto e scalmanati. E uno dei passaggi abusivi nella recinzione ci proietta davanti a quella che in passato era la palazzina degli uffici. Alla nostra vista le lepri scappano tra l’erba incolta e qualche fagiano vola via terrorizzato. 

IL CAOS regna sovrano con i pannelli dei soffitti penzolanti nel vuoto, sospesi sopra decine di scaffali e scrivanie rivoltate su se stesse. Ovunque antichi schedari con fatture ingiallite e stropicciate, come se gli impiegati fossero fuggiti incalzati da una catastrofe imminente. Le tracce dei giacigli notturni sono indizi disseminati qua e là: scarpe nascoste nei cespugli, camicie logore appese ai rami e cibo ammuffito. Gli ingressi del primo capannone produttivo sono forzati e i finestroni che corrono intorno alle mura sono sventrati. All’interno c’è di tutto: manuali di meccanica, materassi sudici, pneumatici, taniche d’olio e un concentrato di sporcizia indefinibile. Uno spettacolo desolante, sovrastato dallo scheletro di un fuoristrada incidentato marchiato Uaz.  In rovina anche lo stabile accanto, dove fino al 2004 venivano assemblati i prototipi di alta gamma. E per nostra grande sorpresa, proprio le coperture di quattro auto da sogno svettano nel marasma generale, come se aspettassero soltanto di venire completate. Al momento il prezzo del terreno è fissato a 5 milioni di euro, e l’unica speranza è che un compratore intraprendente voglia scommettere sull’area. Nel frattempo alla De Tomaso dilaga il nulla, in uno scenario che definire post apocalittico non è lontano dalla realtà.