Sorpresa sospetta

Antonio Troise

FATTA la riforma, trovato l’inganno. Sono molti i malumori e il mal di pancia il giorno dopo la riforma del credito cooperativo varata dal governo. Un intervento essenziale per la sopravvivenza del settore: da mesi il comparto registrava pericolosi scricchiolii. In un istituto su dieci era già scattato il segnale di allarme: i crediti malati avevano raggiunto il 20% di quelli in portafoglio. Con le turbolenze finanziarie in atto e col rischio di trovarsi di fronte a nuove turbolenze, non c’era altra strada che quella dell’integrazione e delle sinergie. Soprattutto dopo l’introduzione del cosiddetto bail-in , il meccanismo che esclude la possibilità di un salvataggio da parte dello Stato e scarica tutto il peso di un eventuale fallimento su azionisti e correntisti più ricchi.

Il parto della super-holding, in grado di riunire la stragrande maggioranza dei 371 istituti di credito cooperativo, non è stato per niente facile. Anche perché si è subito scontrato con banchieri da sempre gelosi della propria autonomia e libertà di manovra. Due cose di segno opposto al disegno delineato in un primo momento dalla riforma, fortemente piramidale e accentratore, sul modello del Credit Agricole francese. Tensioni e opinioni emerse nettamente nel corso del Consiglio dei ministri e che hanno trovato un punto di compromesso nella norma che consente agli istituti di non aderire alla super holding, a patto di avere un capitale di 200 milioni di cui il 20 per cento regolarmente depositato. Sulla carta, un articolo che dovrebbe mettere al riparo la riforma da eventuali ricorsi costituzionali.

MA CHE sembra studiato ad hoc per quel ristretto numero di banche che già oggi rispettano il parametro. E, in particolare, due banche toscane il gruppo empolese Cabel e la Chianti Banca, che dovrebbe veder arrivare come presidente Lorenzo Bini Smaghi. Ombre che sono destinate ad aprire un nuovo fronte di polemiche e che rischiano di indebolire la nuova super-holding. Alimentando la dialettica fra gli istituti e la super-banca centrale del credito cooperativo: l’esatto contrario di quello di cui ha bisogno oggi il settore per fare fronte a una crisi di sistema dalla quale si può uscire solo con una forte iniezione di trasparenza e coraggio. Tocca ora al governo, in particolare al ministero dell’Economia, dimostrare coi fatti che i sospetti sulla riforma sono mal fondati.