Giovedì 25 Aprile 2024

"Sono Gimbojump", Tamberi signore dell'alto: "Record pagato di tasca mia"

Retroscena: "Al meeting senza rimborso pur di saltare 2,34 metri" di Michele Carletti

Gianmarco Tamberi (Lapresse)

Gianmarco Tamberi (Lapresse)

ANCONA, 3 LUGLIO 2015 - «E’ SOLO L’INIZIO e ora si parte di nuovo. Un punto di partenza e non di arrivo». Un dolce ritorno quello di Gianmarco Tamberi, tornato a casa con il record italiano assoluto nell’alto. La valigia però è di nuovo pronta per il fenomeno di Offagna: da mercoledì sarà impegnato all’Universiade in Corea del Sud. Toccata e fuga a casa, con brindisi e allenamento.

Tamberi, se lo aspettava?

«E’ difficile aspettarsi un record italiano – confessa il ragazzo delle Fiamme Gialle, 23 anni – Dopo la gara di Buhl (secondo, ndr) dovevo tornare a casa, ma visto che avevo avvertito buone sensazioni ho deciso di restare in Germania».

Scelta quanto mai azzeccata anche se fuori programma. Si dice che abbia pagato anche vitto e alloggio. E’ solo una storiella?

«No, è tutto vero. Il meeting era già al completo e non mi avrebbero rimborsato né viaggio, né hotel. Ho pagato tutto di tasca mia. Sapevo di poter fare qualcosa d’importante».

E’ arrivato il record italiano. Quel 2.34 che ha spazzato via quel 2.33 di Benvenuti e di Fassinotti. La dedica?

«A chi ha sempre creduto in me, anche quando le cose andavano male. Sono stati loro a darmi la forza di non arrendermi».

Il primo pensiero dopo il capolavoro tricolore?

«Felicità. Tanta. Perché negli ultimi anni ho avuto tantissimi problemi fisici e non sono mai riuscito a dimostrare ciò che valgo. Il 2.34 mi è servito per scrollarmi di dosso tutto il peso della frustrazione accumulato negli ultimi tre anni. Ora sto bene e posso iniziare a far vedere qualcosa».

Prossimo traguardo importante?

«I mondiali di Pechino ad agosto, dove mi metterò alla prova con i più forti al mondo. E soprattutto sarà una grandissima esperienza per le Olimpiadi di Rio».

Si presenterà sempre con la barba rasata solo su metà viso?

«Certo. E’ da quattro anni che ce l’ho così. Il rito, prima di ogni gara, è di tagliarmela a metà. Non posso farne a meno. E’ un marchio di fabbrica ormai. In linea con il mio modo di gareggiare e di divertire il pubblico».

Perché il soprannome Gimbo?

«Ce l’ho da quando sono piccolo. Me lo diede mio padre e ormai mi ci chiamano tutti. Perfino i professori al liceo. Ora quello più appropriato sarebbe Gimbojump».

di Michele Carletti