Martedì 23 Aprile 2024

Poletti: mobilitazione senza senso. "I sindacati mi devono rispettare"

Lite con Barbagallo. Il ministro: "Jobs act di sinistra, difende i deboli"

Giuliano Poletti  con Annamaria Furlan, leader Cisl (Alive)

Giuliano Poletti con Annamaria Furlan, leader Cisl (Alive)

Bologna, 20 novembre 2014 - «Guardi, sul fronte del lavoro siamo davanti ad un cambiamento profondo».

Ministro Poletti, la sintesi brutale è: addio articolo 18?

«C’è un nuovo contratto, quello a tempo indeterminato a tutele crescenti, dove l’articolo 18 resta per i lavoratori licenziati per motivi discriminatori. Mentre per i licenziamenti economici non si prevede più il reintegro ma un indennizzo economico, chiaro, definito nel tempo e crescente in base all’anzianità di servizio. La definizione delle fattispecie che consentono il reintegro per i motivi disciplinari è rimandata ai decreti di attuazione».

Non si rischia la confusione?

«No, saremo molto chiari. In pratica non c’è il reintegro per i licenziamenti economici, mentre ci sarà per quelli discriminatori e per alcuni disciplinari».

Senza chiarezza sarebbe stato uno sforzo inutile...

«Infatti. Non avremmo colto l’obiettivo. La chiarezza e la semplificazione sono necessarie perché le imprese possano scegliere di investire e quindi di assumere nuovo personale».

Squinzi dice che non si può abbassare l’asticella delle riforme...

«E noi non l’abbiamo abbassata, basta leggere il mio intervento in Senato dove ho spiegato chiaramente come avevamo intenzione di scrivere il decreto. Quella è sempre stata la posizione del governo».

Ma la mediazione sfociata nel vostro emendamento non ha cambiato le regole?

«Abbiamo scritto ciò che avevo dichiarato nel dibattito. Ovvio che una differenza c’è, la norma è più cogente rispetto alle dichiarazioni del ministro».

Ora per accelerare la riforma lei non esclude la fiducia.

«Il calendario prevede l’approvazione alla Camera il 26 novembre. Poi sarà il Senato che dovrà approvarlo molto velocemente e confermare il testo uscito da Montecitorio per evitare navette fra le due camere».

Poi bisogna renderla operativa.

«Ci siamo presi l’impegno di procedere immediatamente alla pubblicazione del decreto che introduce i contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti. Nella legge di Stabilità ci sono 1,9 miliardi per la decontribuzione per tre anni di questi contratti. Poi c’è la riduzione dell’Irap. Nei nuovi contratti a tempo indeterminato per tre anni gli oneri sono pagati dallo Stato e l’Irap è ridotta. Finalmente avremo un contratto a tempo indeterminato che toglie gli elementi di precarietà che colpiscono soprattutto i giovani».

Per questo la scelta di Cgil e Uil di scioperare vi è sembrata ingenerosa e sbagliata?

«Lo sciopero è contro la legge di Stabilità e la legge delega sul lavoro. Ma io dico che se si guarda la sostanza delle due norme non ci sono le motivazioni per lo sciopero generale. Dal mio punto di vista è immotivato».

Scelta ingenerosa.

«Guardiamo i contenuti di merito: decontribuzione, taglio dell’Irap, conferma degli 80 euro, risorse per gli ammortizzatori, bonus bebè...».

Una riforma di sinistra?

«Se il senso della definizione è fare le cose, e soprattutto fare ciò che è utile per chi è debole, sì».

Ma la sinistra Pd continua a criticare. È strumentale?

«E’ comprensibile che ci siano opinioni diverse. Qualcuno ha la convinzione che ci possano essere politiche migliori. Sull’Europa c’è chi ci critica perché dice che non abbiamo fatto abbastanza. Ma è la prima volta che un governo decide di corrispondere solo parzialmente alle indicazioni della Ue e di lavorare perché ci siano politiche espansive».

Le polemiche interne al Pd mettono in difficoltà il governo.

«Il Pd ha avuto finora la capacità di discutere, confrontarsi e prendere decisioni. Avere opinioni diverse è un fatto normale. Se la legge elettorale prevede una forma di bipartitismo è difficile immaginare un grande partito che aspiri a rappresentare l’intero Paese e che non abbia al suo interno diverse componenti».

Il partito della Nazione.

«Chiamiamolo come vogliamo. Un partito che si occupa degli interessi nazionali»

Deluso dai sindacati?

«Deluso non è la parola giusta. Io rispetto i cittadini che fanno sciopero, rinunciano ad una parte del proprio salario».

Non fanno un ponte...

«No, chi rinuncia a una parte del proprio salario va rispettato. Ma credo che i contenuti della riforma non meritino una scelta come lo sciopero generale».

Pronto a discutere per evitare lo sciopero?

«La scelta rientra nella responsabilità di chi ha preso la decisione di scioperare. Il governo va misurato sugli atti. Renderemo chiaro a tutti il grado delle riforme che stiamo facendo. Così i cittadini potranno scegliere in maniera consapevole. E dobbiamo essere veloci e decisi per evitare che ci dicano che facciamo solo promesse».

Barbagallo dice che lei al congresso della Uil non ha parlato perché non era libero di farlo. Sono volati i fischi quando è stato letto il suo messaggio...

«Io ho tutta la libertà che voglio di parlare. Ho scelto io di non intervenire perché lo svolgimento del congresso Uil così legato alla decisione dello sciopero generale ha modificato le condizioni in cui avevo deciso di intervenire. Però io nella mattinata sono andato al congresso e ho seguito la relazione del segretario Angeletti considerandolo un dovere come ministro. Mi aspetterei rispetto e garbo dai massimi dirigenti di quel sindacato».

Non crede che il clima generale debba essere rasserenato?

«Sì. Va rasserenato».