Giovedì 25 Aprile 2024

SILVIO CONTRO INZAGHI: «CAMBIA»

Claudio Negri · Milano TO', CHI L'AVREBBE DETTO, solo qualche mese fa, che l'Unto del Signore di Arcore, Pippo Inzaghi, sarebbe finito anche lui dalla parte di chi dorme preoccupato? Del resto, chi l'avrebbe detto, solo un anno fa, che il gluteo di Clarence Seedorf sarebbe stato levato senza anestesia dalla panca rossonera? E due anni fa qualcuno avrebbe forse visto Max Allegri già defenestrato? Oddio, magari qualcuno sì, ma non è questo il punto: al Milan si vive da anni in una sorta di giacobinismo insoluto, in cui come un niente il tecnico prescelto passa dalla parte dell'imputato. Con grande sconcerto dei tifosi, a dir poco. E del Grande Capo. Deluso. Al punto di essersi lasciato andare a uno sfogo circostanziato che suona più o meno così: «Capisco che non sono più i tempi in cui si vinceva a Barcellona, ma è inaccettabile perdere contro squadre con calciatori che guadagnano cinque volte meno dei nostri». La sconfitta con l'Atalanta non è ancora un punto di non ritorno, ma poco le manca: volgarmente parlando (poiché é sempre volgare parlare di termini temporali) Inzaghi dovrà dare risposte convincenti nelle due uscite con la Lazio (sabato 24, campionato; martedì 27, Coppa Italia) sennò qualcuno si arrabbierà davvero. Fa un certo effetto sapere che il destino del Milan penda dalla boccuccia sorridente di Claudio Lotito (amicissimo di Adriano Galliani, eppure madamima il catalogo è questo: dopo la sosta invernale e quella platonica ma dannosa vittoria sul Real Madrid, il Milan sembra essersi ripiegato su se stesso e finanche la rabbia agonistica che fino a poco tempo fa sembrava quasi un marchio di fabbrica inzaghesca s'è quasi tutta dissolta. Nel frattempo Geremia Menez, punteruolo sul quale il Milan ha risposto quasi tutte le sue compiacenze realizzative, sembra essersi perso nell'autocontemplazione, come Narciso allo stagno. Con Cerci, ancora lontano da uno standard convincente, cui tocca girare a vuoto, spazientirsi e spazientire mezza squadra. Effetto pratico: Milan ottava, a 26 punti. A 7 dalla zona Champions, a 5 dalla zona Europa League. Come l'Inter. Qui non c'è da stappare neanche la gazzosa. Ieri la squadra è stata passata al setaccio dall'ad campale, Adriano Galliani. Analisi di spogliatoio, a porte chiuse. C'è anche chi (scribi con fantasia sovraeccitata?) ha colto toni piuttosto vivaci. Intanto, come se non bastassero da soli i dolori del giovane Pippo, ecco profilarsi la figura del supertutor delle giovanili rossonere, Arrigo Sacchi, accolta con tiepido entusiasmo dall'ambiente, al di là dei pareri ufficiali agghindati. Una figura come quella sacchiana non può certo definirsi di basso profilo, nemmeno quando dorme. Così lo stesso Inzaghi s'era affrettato l'altro giorno a dire: «Sacchi starà coi giovani, io decido di testa mia». Paura di un baliatico nell'immediato? Il Signore di Arcore ha finito l'unguento.