Mercoledì 24 Aprile 2024

Chat, incoscienza e sesso a rischio. Incubo Hiv per la generazione 2.0

L’amore ai tempi di Tinder. Giovani disinformati sui rischi del virus

IN MOSTRA Una ragazza iscritta su Tinder, l’applicazione creata per facilitare incontri, si presenta nella sua pagina personale

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L’AMORE ai tempi di Tinder è sempre dietro l’angolo. Come una gelateria soddisfa voglie dell’ultimo momento, però gratis. Troppo bello per essere vero. Cavalca lo tsunami del tutto e subito. E di certo è meno stressante di un pellegrinaggio fra locali e palestre dove niente toglie la puzza di rimorchio. Qualcuno grazie alla geniale app che interpreta in senso allargato la regola omeopatica del similia similibus curantur ha trovato l’anima gemella. Qualcuno invece si è preso l’Aids, che non è un ricordo degli anni ’80 ma un’emergenza da 4mila casi nuovi ogni anno.

IL PARADOSSO è tutto qui: mentre il sesso è diventato un gioco a portata di smartphone, è crollata la guardia sulle conseguenze del sesso non protetto, compresa quella malattia che ormai non spaventa più nessuno perché nessuno ne parla. Sono lontani i giorni della psicosi da siringa e linfonodo e di quell’headline voluto dal ministero della Salute: «Aids, se lo conosci lo eviti». Il layout dello spot televisivo insisteva sulla discrezione dell’anonimato con il bianco e nero per poi evocare l’alone viola attorno ai sieropositivi. Forse si esagerava con la pretesa di vedere un esame del sangue recente al primo appuntamento, oggi purtroppo fa più impressione la bolla dell’herpes. Si disdice un viaggio in Africa per colpa di Ebola, l’immunodeficienza acquisita è innocente come una battuta. E così a fare paura è il fatto che l’Aids paura non ne fa più. Non sembra esserci un nesso apparente fra il sesso disinvolto degli adolescenti e un’infezione che magari non uccide ma cambia la vita. I dati parlano chiaro. Non sono più le comunità gay ad ammalarsi, né i drogati. È la gente che non usa il preservativo, donne e uomini fra i 35 e i 50 anni. Agli estremi, il 70enne che non si nega qualche sfizio ricoverato per troppe polmoniti di fila e l’adolescente di buona famiglia. I pediatri sono in allarme: quando si manifestano i primi sintomi sono contagiati già da un paio di anni. Dei bambini ingannati da primi rapporti sempre più precoci. È peggio della strage del sabato sera. Sono momenti così sui divanetti di una discoteca, nei bagni, nei parcheggi. L’amore ai tempi di Tinder deve trovare qualcuno che smisti il traffico e torni ad alzare i cartelli con il segnale di pericolo. È grazie all’inconsapevolezza e alla promiscuità che l’Hiv 40 anni fa si propagò nella comunità di gay di San Francisco. Poi toccò ai tossici. Finchè negli anni ’90 il virus attaccò prostitute ed eterosessuali. Oggi il profilo viola sarebbe considerato pubblicità politicamente scorretta. E allora bisogna inventarsi qualcos’altro. Perché con l’Aids magari si vive, ma non si guarisce. E c’è un’intera generazione che non lo sa perché è molto più redditizio vendere telefonini, software e piccoli sogni che tornare a raccontare una vecchia storia.