Giovedì 18 Aprile 2024

Precari, salta il decreto assunzioni. Parte con un flop la riforma della scuola

Frenata del premier: disegno di legge per coinvolgere il Parlamento.

Studenti in classe in un'immagine d'archivio (Ansa)

Studenti in classe in un'immagine d'archivio (Ansa)

Roma, 3 marzo 2015 - Il grande giorno per la scuola che, nell’era Renzi, diventa ‘buona’, comincia con un flop. Il consiglio dei ministri previsto per il pomeriggio doveva varare due provvedimenti diversi: un decreto legge e un disegno di legge dai modi e dai tempi più elastici. Invece, vedrà la luce solo il ddl, mentre per il decreto occorrerà aspettare. Il premier ha spiegato al suo entourage che l’esecutivo vuole dare un messaggio al Parlamento e coinvolgere le opposizioni nello spirito delle dichiarazioni del presidente della Repubblica. Renzi chiederà l’approvazione del ddl in tempi certi. A modificare il programma non sono state soltanto le polemiche sui contenuti e i rilievi avanzati dai sindacati sulle caratteristiche di necessità e urgenza del provvedimento, ma si ipotizzano questioni relative alla copertura finanziaria. La stabilizzazione dei precari, infatti, dovrebbe costare circa un miliardo per i quattro mesi del 2015 (da settembre a dicembre) e meno di tre miliardi nel 2016, a regime. Il decreto doveva contenere proprio le norme sulla stabilizzazione dei precari, circa 120mila ingressi, ai quali si devono aggiungere 60mila posti messi a concorso. Erano previste, inoltre, nuove regole per la progressione di carriera degli insegnanti che potrebbero essere demandate alla definizione del nuovo contratto. I precari stabilizzati dovevano essere attinti dalle graduatorie a esaurimento, mentre per chi restava fuori si profilavano due diverse opzioni: concorsi riservati o indennizzi. Per adesso si sa che i posti disponibili in tutto il territorio nazionale sono circa 70mila e il surplus degli assunti dovrà andare a formare il cosiddetto ‘organico funzionale’ per incentivare attività e allargare l’offerta formativa delle scuole. UN FATTO è certo, spiega Massimo Di Menna della Uil scuola, «non ci sono soldi». Per la carriera degli insegnanti, quindi, non restano nel salvadanaio neanche gli spicci. Ma verranno introdotti criteri di merito basati sulla valutazione demandata anche agli studenti per cifre di aumento, mensili, contenute tra i 40 e i 60 euro. Nello stesso ambito sarà stabilito il divieto di prorogare i contratti a termine oltre i 36 mesi, al fine di non ricreare il problema delle posizioni non stabili. Ma «senza un euro disponibile e senza idee chiare – chiosa Di Menna – migliorare realmente la qualità della scuola è davvero difficile». Gli fa eco Francesco Scrima della Cisl: «Vogliono cambiare la scuola. Ma in peggio». Posizioni tanto negative derivano anche dalla mancata soluzione del problema del personale ausiliario (Ata) che non era compreso nelle stabilizzazioni. In più è programmato l’ingresso, nelle scuole, di oltre 3mila dipendenti provenienti dalle province. DA RISOLVERE anche il nodo delle scuole paritarie a favore delle quali si erano mossi diversi parlamentari di maggioranza con un appello.