Il ministro Giannini: "Basta scuole sanguisughe. Carta e sapone li pagano i presidi"

Giannini dalla parte delle famiglie: contributi solo per fini didattici dall’inviato Achille Perego

Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini (Ansa)

Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini (Ansa)

CERNOBBIO (Como), 7 SETTEMBRE 2015 - Ministro teme la ripresa della conflittualità sulla riforma della «Buona scuola»?

«Ho passato un anno talmente complicato che posso solo migliorare – sorride il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, a margine del Forum Ambrosetti –. Penso che gli studenti entrino in una scuola potenzialmente migliore e adeguata al cambiamento, potendo imparare che cosa significhi un’istruzione solida e al tempo stesso adattabile».

Alla riforma mancano ancora 22 decreti attuativi e 9 delegati.

«La riforma è stata approvata il 16 luglio. Il nostro cronoprogramma indica un anno e mezzo, entro fine 2016, e stiamo rispettando puntualmente le tappe indicate. Questi non sono processi che trasformano la realtà con un clic. Non si tratta, com’è avvenuto con il Jobs Act, di cambiare la tipologia del contratto di lavoro e, da quel momento, tutti hanno quella nuova opportunità. Sono processi che, salvo alcune iniziative molto specifiche come l’alternanza scuola-lavoro, richiedono tempo per andare a regime».

La scuola avrà finalmente i fondi per funzionare bene o i genitori dovranno ancora pagare per l’acquisto della carta igienica?

«Le do un numero che basta per tutti. Il fondo di finanziamento per le scuole, cioè quello che serve anche per comprare la carta igienica, strutturalmente da quest’anno raddoppia. Erano 80 milioni nel 2013, sono diventati 110 nel 2014 e con le economie del ministero e la riforma sono saliti a 233».

Quindi scomparirà la tassa chiesta alle famiglie dalle scuole per poterle farle funzionare?

«Premesso che non si tratta di una tassa ma di contributi volontari, daremo un indirizzo molto chiaro in questo senso ai dirigenti scolastici che possono, anzi in alcuni casi devono coinvolgere i genitori per contribuire a un progetto particolare, ma non più per le esigenze che, come l’acquisto della carta igienica, non ci saranno più».

I sindacati sostengono che i fondi sono ancora troppo pochi...

«Sul tema delle risorse io divento un po’ aggressiva. Quattro miliardi per la scuola messi nella Legge di stabilità dell’anno scorso sono il capitolo più consistente. Questo significa che il governo ha deciso di giocarsi la fiche dell’istruzione». 

Ci saranno le risorse anche premiare gli insegnanti?

«Se si riferisce ai 500 euro per l’aggiornamento professionale, saranno disponibili già quest’anno. Fanno parte del fondo di oltre 200 milioni».

I professori, tra i peggio pagati d’Europa, si aspettano anche l’aumento degli stipendi.

«Conosco le retribuzioni dei miei colleghi universitari d’Oltralpe, ben più alte delle nostre. Per la riapertura della contrattazione del pubblico impiego deve chiedere al ministro Madia... Ma noi siamo pronti. Abbiamo messo i soldi e cambiate le regole. Quindi la scuola parte già con un piede avanti».

Avanti è anche la contestata soluzione al problema dei precari?

«Se assumo 100mila insegnanti e faccio a dicembre un concorso che ne rimette in cattedra 60mila, mi sembra un buon lavoro. Abbiamo affrontato il problema e siamo in via di soluzione tenendo conto che la legge prevede tre anni come misura ultima per poter ancora concedere suppenze sui posti vacanti».

Molti precari denunciato di essere “deportati” perché devono spostarsi per il posto fisso?

«Ho grande rispetto per la storia, per le parole e per ciò che le lega alle cose. Quindi credo che questo termine sia stato utilizzato in maniera del tutto inopportuna e forse inaccettabile e stigmatizzabile. La mobilità nel pubblico impiego, anche nella scuola, è un dato storico. Questa legge non la incrementa, anzi nel tempo, con i concorsi, la diminuirà. Chiamare deportazione una mobilità fisiologica del 15% su 100mila assunzioni mi sembra eccessivo».