Giovedì 25 Aprile 2024

Nucleare, l’Italia imita la Francia. Ecco come si smaltiscono le scorie

Viaggio ad Aube, dove sono seppelliti i rifiuti. I sindaci: nessun pericolo dall’inviato Alessandro Farruggia

Una cella di stoccaggio prima della colata di cemento (da il resto del carlino)

Una cella di stoccaggio prima della colata di cemento (da il resto del carlino)

SOULAINES (Champagne), 13 GIUGNO 2015 - PER VEDERE cosa potrebbe essere il futuro sito di stoccaggio di rifiuti radioattivi italiano che sarà costruito dalla Sogin bisogna raggiungere il dipartimento dell’Aube. Siamo a 250 chilometri da Parigi, il paesaggio marnoso e dolce è agricolo, si producono cavolo, grano, orzo, si allevano mucche da latte. E a 20 chilometri da qui ci sono le vigne dello Champagne.

Sul deposito l’Italia è giunta a un momento decisivo. Il 16 giugno Sogin presenterà la carte delle aree potenzialmente adatte al sito nazionale e a luglio la carta sarà pubblica. E il deposito dell’Aube è il modello – che si promette sarà ancora migliorato – che Sogin propone. Qui nel 1992 Andra, il gestore dei rifiuti nucleare francesi, ha costruito un grande deposito per rifiuti a bassa e media attività, che vanno cioè tenuti sotto controllo per un massimo di 30 anni. Ospiterà un milione di metri cubi di materiale e, in questi 13 anni di attività, si è riempito di 13.833 barili, pari al 39% della sua capacità. Ci lavorano 250 persone. I rifiuti, condizionati in una miscela di cemento speciale giungono in barili e vengono sistemati in grosse celle di cemento. Se i barili sono in cemento, il tutto viene riempito di sabbia e sigillato, se sono in metallo, il tutto viene affogato in cemento. Il sito ha 401 celle, 117 delle quali già piene, e alla fine verrà ricoperto di uno strato di qualche metro d’argilla e diventerà una collinetta erbosa che verrà vigilata e controllata per 300 anni, il tempo necessario per mettere in sicurezza i rifiuti. Sotto le celle ci sono dei lunghi corridoi di ispezione e un sistema che raccoglie eventuali acque contaminate. E finora il sistema ha performato bene.

«QUA, NEL 1992, l’80% della popolazione era contrario a ospitare rifiuti nucleari. Ora l’80% è favorevole. E le ragioni sono due: abbiamo il ragionevole controllo della situazione e le giuste compensazioni», dice Gilles Girard, fino al 2014 sindaco di Epothemont, 181 abitanti, il comune più vicino al centro di stoccaggio di rifiuti nucleari. «I comuni dell’area – racconta – fanno parte della Commissione Locale d’Informazione che riceve i dati dall’impianto, 14mila analisi all’anno, e può ordinare analisi indipendenti. Noi ne abbiamo fatte fare due, nel 2007 e nel 2012, e non è stata riscontrata alcuna contaminazione all’esterno, mentre nel sito ci sono stati piccoli problemi». A causa di due eventi in scala zero (la più bassa delle 8 di un incidente nucleare) che hanno portato nel 1996 e soprattutto nel 2003 a un rilascio di trizio e di carbonio 14 superiore al limite mensile, qualche parametro si è alzato. L’indagine del 2007 ha mostrato una presenza di cobalto-60 e nichel-63 nel sedimento del bacino di raccolta, quella del 2012 la mostrato presenza di trizio nel pozzo di raccolta DS62 con una concentrazione di 5,3 bequerel litro (molto lontana dal limite di legge, ndr). «Abbiano identificato la fonte della contaminazione – spiega Patrice Torres, il direttore dell’impianto – e rimosso i barili: si trattativa di residui di vernice al trizio. Tolta la fonte, le concentrazioni sono tornate alla normalità. L’acqua del pozzo in questione ha la radioattività di certe acque minerali». Visto che i problemi massimi registrati nell’impianto sono minimi e non hanno portato un aumento della radioattività all’esterno, le comunità sono soddisfatte.

«I COMUNI ricevono compensazioni – dice Philippe Dallemagne, sindaco di Soulaine –, il nostro per 1.1 milioni di euro all’anno, che si aggiungono ai posti di lavoro e ai benefici economici indietti». Per una comunità di 323 abitanti, il deposito si è quindi trasformato in una risorsa. Tanto è vero che i comuni dell’area, che già ospita un altro impianto per rifiuti nucleari a bassissima attività, stanno valutando la proposta di ospitarne un terzo, a medio-alta attività. Visto da vicino, e testato per 15 anni, alla gente del posto – contadini – il deposito non pare più un mostro. È una mucca da mungere.

dall’inviato Alessandro Farruggia