Martedì 23 Aprile 2024

Renzi: "Boldrini vuole fare la leader della sinistra". E lei inaugura la 'crociata' femminista

«Va oltre il suo ruolo istituzionale». Il sospetto: un asse con Landini LA 'CROCIATA': "CHIAMATEMI SIGNORA PRESIDENTE"

Renzi a in mezz'ora. Sullo schermo, Laura Boldrini (Ansa)

Renzi a in mezz'ora. Sullo schermo, Laura Boldrini (Ansa)

ETTORE MARIA COLOMBO

Roma, 6 marzo 2015 - LA PRESIDENTE della Camera Laura Boldrini è «uscita dal suo perimetro istituzionale» con le sue ultime dichiarazioni, dice il premier Matteo Renzi all’Espresso. Ne ha per tutti, il premier, ma in particolare per la Boldrini, soggetto istituzionale che mal sopporta e ormai da tempo.

LA CROCIATA: "CHIAMATEMI SIGNORA PRESIDENTE"

Al punto da sostenere che, in merito al possibile nuovo soggetto politico in elaborazione a sinistra del Pd, non solo il leader della Fiom, Maurizio Landini, ma anche Boldrini potrebbero volerlo guidare con un «preciso disegno politico». Ce n’è abbastanza, nelle parole di Renzi, che attacca anche Bersani, Grillo e Berlusconi, per alzare la temperatura dello scontro politico. Del resto, la presidente della Camera non si è tirata indietro, nelle polemiche con il governo, al fine di limitarne l’uso e l’abuso della decretazione d’urgenza. E se, a onor del vero, la Boldrini è stata assai severa anche nello stigmatizzare più di una volta le tattiche ostruzionistiche dei grillini, i suoi continui interventi hanno indispettito assai il premier. Prima c’è stato l’attacco al Jobs Act: «Sarebbe stato opportuno tenere nel dovuto conto i pareri delle Commissioni», disse la Boldrini, ‘coprendo’, in quel caso, le forti critiche piovute su Renzi dalla minoranza Pd. Poi la presa di posizione sul (ventilato) decreto del governo sulla Rai: «I decreti si fanno quando c’è materia di urgenza e sulla Rai non c’è una scadenza». Infine, le parole più brucianti, per il premier, quelle che, senza citarlo, criticavano «l’idea dell’uomo solo al comando».

Renzi vede nella Boldrini la volontà di prenotarsi un futuro da leader della nascente Syrizia italica, proprio come Landini, magari rubandogli il ruolo di Tsipras al femminile, mentre chi è vicino al presidente della Camera ribadisce che non ci pensa nemmeno e che le sue uscite pubbliche (peraltro intensificatesi, negli ultimi tempi) puntano solo «a difendere le legittime prerogative del Parlamento». Sia come sia, ieri lo scontro si è rinfocolato.

DEL RESTO, sono settimane che i renziani sostengono che, ormai, «c’è un problema Boldrini e pure serio», dice Ettore Rosato, mentre solo la minoranza dem ne difende il ruolo.

Sel, partito che ha portato la Boldrini in Parlamento come indipendente, la difende, naturalmente, con il capogruppo alla Camera Arturo Scotto che dice: «Il perimetro istituzionale della Boldrini sta nella difesa dell’autonomia del Parlamento contro Renzi pensa che sia una dependance di palazzo Chigi». Il leader di Sel, Nichi Vendola, rincara la dose: «Il premier non è l’unico titolato a fare politica».

Renzi, consapevole che con Mattarella al Colle non potrà più abusare dei decreti d’urgenza, annuncia che cercherà di limitarne l’uso su Rai e scuola, poi attacca tutti: Grillo («Si marginalizza da solo»), Berlusconi («tratto con lui, ma mi ha deluso. È stato costretto a rompere da Brunetta») e Bersani («le sue critiche alle riforme sono incomprensibili»). Ma proprio sulle riforme (costituzionale, voto finale l’11 marzo, e Italicum, già slittato a maggio) la minoranza dem vuole dare filo da torcere al premier facendo asse con FI. E – raccontano gli azzurri fittiani dissidenti – «siamo pronti a cedere sui capilista bloccati pur di rimandare al Senato l’Italicum e lì farlo morire».