Bohème, sciopera l’orchestra. E la pianista da sola salva lo show

Dopo i musei colpita dalle proteste la prima dell’opera a Caracalla di Paola Pasquarelli

Persone all'entrata per assistere alla Boheme, nel riquadro la pianista Enrica Ruggiero (Ansa)

Persone all'entrata per assistere alla Boheme, nel riquadro la pianista Enrica Ruggiero (Ansa)

ROMA, 16 LUGLIO 2014 - SI ACCENDONO le luci sul palco ma non c’è l’orchestra, solo un pianoforte ad accompagnare i cantanti e il coro. Il pianoforte del maestro Enrica Ruggiero, (nata a Pescia e studentessa a Lucca) che da solo dà anima all’opera. La pucciniana Bohème, che inaugura la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma a Caracalla, va in scena mutilata dallo sciopero dei musicisti che disertano il palcoscenico per «salvare la produttività del teatro», dicono loro, minacciata dai tagli al personale. Così gli applausi vanno tutti a lei, alla coraggiosa pianista che da sola suona l’intera partitura, vera ‘eroina’ che salva l’onore della musica italiana e un po’ di tutto il Paese di fronte a tanti appassionati ma anche a molti turisti accorsi a godersi lo spettacolo e la suggestione delle Terme di Caracalla illuminate di sera. 
 
 
NON È la prima volta che i beni culturali italiani e la loro gestione, in teoria il nostro biglietto da visita più esclusivo verso il mondo intero, finiscono per gettare cattiva luce sul Paese. La gestione di Pompei è sotto gli occhi di tutti e anche lì gli scioperi non mancano e finiscono per creare imbarazzi; tornando alla musica, il ricordo di tutti, l’altra sera a Caracalla, è andato a quando accadde la stessa cosa alla Scala, per la Traviata, quando fu il mestro Riccardo Muti a ‘salvare’ la serata in seguito a uno sciopero dell’orchestra. Lì agli spettatori in qualche senso andò meglio che a Roma, perché a suonare fu Muti in persona, ma la figura complessiva del sistema Paese non fu migliore.
Due sere fa, turisti e appassionati, a Caracalla hanno subito compreso che non era la sera. A nulla sono servite le scuse del Sovrintendente dell’Opera Carlo Fuortes di fronte ad un pubblico già seduto. «Chi vuole può andare via — ha detto — e farsi rimborsare il biglietto questa sera stessa». E in molti lo hanno fatto. «Meno male che si doveva ripartire dalla cultura», ha gridato qualcuno; «tutto ciò ha il sapore della farsa», hanno sussurrato in molti mentre abbandonavano le gradinate. 
 
 
LE PROTESTE dell’orchestra e delle maestranze erano iniziate già da giorni, perché restava il nodo della dotazione organica che invece di essere risolto è degenerato in una vertenza e poi in sciopero. L’accordo dei musicisti con la direzione del Teatro dell’Opera è stato siglato da una parte dei sindacati (Cisl e Uil), ma non da Cgil e Uil, e sono loro che hanno annunciato lo sciopero. Sciopero che a questo punto non è chiaro se e quanto andrà avanti. Molte le contestazioni a Fuortes da parte dei sindacati ‘ribelli’, appunto Chil e Cisal: i 4.000 invece dei promessi 5.000 posti nella ampliata platea di Caracalla (lo scorso anno erano 3.500), il temuto taglio di 120 posti di lavoro senza alcuna riduzione dei costi artistici e di allestimento, la mancanza di un piano triennale aziendale di rilancio per altro previsto dalla legge Bray. «E’ molto triste che sia saltata una prima come questa — ha commentato l’assessore alla Cultura della Regione Lazio, Lidia Ravera —, i lavoratori avranno i loro motivi ma io sono molto dispiaciuta per Fuortes che sta facendo un grande lavoro di efficienza amministrativa e correttezza verso i lavoratori». 
 
di Paola Pasquarelli