Venerdì 19 Aprile 2024

Riforma Senato, mano tesa di Renzi ai ribelli: "Ma tratto solo su cento modifiche"

Legge elettorale come merce di scambio. Il premier rivedrà il Cav

Matteo Renzi (Lapresse)

Matteo Renzi (Lapresse)

ETTORE MARIA COLOMBO ROMA, 28 luglio 2014 - COME nel gioco dei Quattro Cantoni, da ieri, il problema della politica non è più, pare, la riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione, ma la legge elettorale, meglio nota come Italicum. Ma prima di analizzare perché l’Italicum — dopo essere stata approvato dalla Camera tra urla e strepiti non solo delle opposizioni ma anche di tutti i partiti ‘piccoli’ della coalizione di governo (Ncd, Sc, Popolari, Cd), langue da mesi, per scelta dell’asse del ‘patto del Nazareno’ (Pd-FI), nei cassetti del tanto vituperato Senato — è tornata come il sole all’improvviso centrale nel dibattito politico, conviene fare il punto sulla ‘madre di tutte le battaglie’, il Senato.

DA STASERA, al massimo da domani, nell’aula di palazzo Madama ripartirà il tour (de force, non di Francia...). Quello che prevede la bellezza di (almeno) 80 ore di votazioni a causa dei 7850 emendamenti da esaminare (e votare) con una media di lavoro di cinque/sette ore al giorno di lavoro dei ‘poveri’ senatori e per (almeno) tutti i prossimi quindici giorni. E visto che di riuscire a finire per l’8 agosto anche il governo Renzi e il ministro Boschi — che ci avevano provato, a forzare i tempi — hanno capito che proprio non ce la si faceva, ecco la nuova data e la nuova ‘tappa’ del (massacrante, almeno per i senatori...) gran tour: si va avanti ‘a oltranza’ fin quando il ddl Boschi non passa. Renzi dice di non temere l’ostruzionismo delle opposizioni, ma i primi voti segreti sono alle porte e il governo rischia grosso, si sa. Con una mega-intervista uscita proprio ieri il ministro alle Riforme, Maria Elena Boschi, lancia un messaggio tutto ‘politico’ e tutto indirizzato, soprattutto, a Sel e ai suoi 6 mila emendamenti: «Mettete da parte le proposte di modifica ‘fantasiose’, quelle di sostanza saranno poi oggetto di confronto politico». Solo che, dalle parti di Sel, dove le aperture come quelle di Nichi Vendola, sempre via interviste, pure non mancano, sono della saggia filosofia «se volere tappeto, prima vedere cammello».

INSOMMA, non si fidano neppure delle aperture (possibili, da parte del governo) su temi cari a Sel come alla minoranza bersaniana del Pd: numero di firme da raccogliere per il referendum, ecc. Vorrebbero aperture vere o su temi sostanziosi (mix tra elezione diretta e indiretta dei senatori, riduzione del numero ‘anche’ dei deputati come da insidiosi emendamenti presentati presto al voto), oltre che, appunto, sull’Italicum. Qui, invece, il discorso è elementare: Sel come Ncd, come tutti gli altri, persino molti M5S (ala morbida) vogliono solo e soltanto due cose molto precise: abbassare le soglie per accedere alla ripartizione dei seggi per i partiti singoli (dall’8 al 4%), alzare la soglia per vincere il premio (dal 37 al 40%) e introdurre (qui chi più, chi meno) le preferenze. Ove mai, sia Renzi e il Pd che Berlusconi e FI fossero d’accordo — e i segnali stanno arrivando, tanto che i due potrebbero incontrarsi in settimana — allora sì che l’opposizione potrebbe ammorbidirsi. E la battaglia sul Senato resterebbe dei pochi pasdaran votati al loro suicidio.