Giovedì 25 Aprile 2024

Renzi-Squinzi, patto in fabbrica Il premier: «Riforme a tutti i costi»

Federica Pacella GUSSAGO (Brescia) AMMONISCE: «Solo con le riforme, ma senza cuore, non si va da nessuna parte». Poi rassicura: «Le riforme le stiamo facendo e continueremo a farle, costi quel che costi». E non è un caso che Matteo Renzi decida di togliersi qualche sassolino dalle scarpe di fronte alla folta platea riunita alle Rubinetterie Bresciane di Gussago. «Dalla crisi — avverte il premier — si esce solo con storie come questa di Brescia, un’azienda che si mette in gioco ogni giorno». Un simbolo dell’Italia di chi fa, contrapposta a quella di chi chiacchiera. «Ognuno di noi può ragionare su tante Italie diverse. Quella degli ottimisti e quella dei pessimisti, l’Italia che ce la fa e quella che soffre, quella che ci crede e quella che non ci crede». Il premier sceglie l’Italia di «Ginetaccio Bartali. Si lamentava sempre — spiega — poi però quando c’era da prendere la bicicletta e non vincere il Tour de France ma salvare la vita degli ebrei, portando di nascosto i documenti falsi, beh, l’Italia dei Ginetacci Bartali era l’Italia che riusciva a renderci orgogliosi del tricolore». Proprio come quella dei «luoghi dove si investe». A Gussago Renzi è arrivato per inaugurare il nuovo stabilimento delle Rubinetterie Bresciane, invitato da Aldo Bonomi, presidente e ad dell’azienda, nonché vicepresidente di Confindustria. Con lui c’è anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che su Cernobbio sembra pensarla come il premier: «Una fiera delle vanità — osserva — io sono abituato a stare in fabbrica». Un’inedita alleanza contro i salotti. Quasi un’anti-Cernobbio, sussurra qualcuno. Fondata nel 1901, l’azienda del Gruppo Bonomi conta 200 dipendenti. Renzi chiede di visitarla, stringe la mano agli operai e scherza con i bambini, figli dei dipendenti. «SONO QUI e non a Cernobbio — chiarisce — perché se l’Italia è quella che è, lo dobbiamo agli uomini e alle donne delle piccole e medie e imprese che si sono spaccati la schiena per crearle. E noi dobbiamo stare con loro». Quindi un appello agli imprenditori: «La globalizzazione da noi è spesso stata vista come una minaccia, ma in realtà ci consegna uno spazio d’azione maggiore rispetto al passato, perché avremo 800 milioni di consumatori che chiedono prodotti italiani. Smettiamo di cedere alla cultura della rassegnazione, i nostri figli devono tornare ad essere orgogliosi del nostro Paese». Le riforme che le imprese chiedono al governo arriveranno. «IL CARICO FISCALE non può restare così, ma per ridurre le tasse dobbiamo dirci che nella macchina pubblica c’è ancora troppo grasso che cola». Una risposta a Bonomi che aveva denunciato «il carico fiscale per le aziende a quota 65,8%». Nella Pubblica amministrazione — aggiunge Renzi — «vanno fatti dei tagli». Un’operazione, del resto, «che fa chiunque in una famiglia normale. Chi non ha fatto sacrifici finora è la macchina pubblica, dove non si è intervenuto nei centri di costo». Parole che fanno riesplodere l’ira dei sindacati. Renzi però chiede a tutti un cambio di marcia. «Questa Italia la portiamo fuori dalla crisi se smettiamo di fare la litania delle lamentele». Basta, dunque, con quelli «che schiaffeggiano anche le nuvole». Che poi «sono gli stessi che da trent’anni occupano gli stessi posti e dicono che non ce la facciamo». Per Squinzi la determinazione del premier «testimonia come la politica voglia fare cose concrete per il nostro futuro. L’austerità farà piacere ad alcuni Paesi, ma è un freno che si sta riverberando sull’economia globale».