Mercoledì 24 Aprile 2024

Renzi rilancia: altri 100 euro al mese «Tfr in busta con i soldi di Draghi»

Achille Perego MILANO ANTICIPARE metà del Tfr in busta paga ogni mese. Per rilanciare i consumi e aumentare il potere d’acquisto delle famiglie potrebbe essere questa, dopo il bonus di 80 euro, la seconda mossa di Matteo Renzi. «Ne stiamo parlando, ne discuteremo nei prossimi giorni — ha spiegato ieri il premier —. Anzichè tenere i soldi da parte alla fine del lavoro te li do tutti i mesi. Significa che, per uno che guadagna 1.300 euro, un altro centinaio di euro al mese, che uniti agli 80 euro, inizia a fare una bella dote. Se recuperi 180 euro vuol dire che inizi ad avere un potere d’acquisto maggiore». Il Tfr così com’è, ha spiegato sempre Renzi «c’è praticamente solo in Italia. La preoccupazione è che se diamo il Tfr subito in busta paga ci sia un problema di liquidità per le piccolissime imprese, le grandi ce la fanno. Sulla base di questo stiamo ragionando del fatto che l’Abi possa dare i soldi che arrivano dall’Europa, quelli che noi chiamiamo ‘i soldi di Draghi’, che vadano esattamente alle piccole imprese per garantire la liquidità. Questo garantirebbe al lavoratore di avere un pochino di soldi in più da spendere». Ogni anno, del resto, i lavoratori maturano un monte Tfr di 25 miliardi. Di questi 14 riguardano le piccole imprese (9 quelle artigianali), 5,2 vanno ai fondi pensioni (mai veramente decollati) e 6 all’Inps, che rischia di perderne la metà. Il Tfr anticipato — che potrebbe debuttare il 1° gennaio grazie a un protocollo tra Abi, Confindustria e governo — è però solo un’ipotesi in discussione, frena il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e «non è nella nota di aggiornamento del Def». Ma soprattutto non entusiasma le imprese. Servirebbe ad aumentare i salari (ma su una busta paga di 1.300 euro la cifra in più sarebbe di circa 50 euro e non 100 calcolando il peso delle imposte e ipotizzando che venga scelta la via della tassazione agevolata al 23% altrimenti per i redditi superiori, con aliquote ben più alte, ricevere in anticipo la ex liquidazione sarebbe un vantaggio per lo Stato e molto meno per il dipendente) ma aprirebbe il problema della liquidità delle Pmi che da sempre utilizzano il Tfr come un ‘polmone finanziario’ con un tasso d’interesse (praticamente quello dell’inflazione) molto più basso dei prestiti bancari. «È una misura perfetta per far chiudere decine di migliaia di piccole aziende», avverte con ironia Giorgio Meletti, presidente di Rete imprese Italia e Confartigianato. DURA anche Susanna Camusso: «Invece di fare annunci roboanti sui soldi dei lavoratori sarebbe bene pensare concretamente a come si evita di impoverli ancora». Perché, secondo la leader Cgil, non si tratta di aumenti salariali ma anzi, con un peso fiscale maggiore, verrebbe mangiato il bonus degli 80 euro. Perplessità arrivano anche dalla Uil mentre la Cisl, salvaguardando la tassazione agevolata, è più possibilista. E se sembrano diverse le voci dei sindacati, lo sono anche all’interno del Pd dove, dopo l’articolo 18, anche il Tfr in busta agita la minoranza con Stefano Fassina che la definisce «la misura di chi è alla disperazione».