Forte in casa, debole in Europa

SBALORDITI e affascinati dalle roboanti imprese renziane contro le esauste nomenclature politiche e sindacali dei Bersani e delle Camusso, come dalla sprezzante noncuranza verso i coetanei Fassina e Civati, storditi e frastornati dai baleni dei suoi annunci epocali tradotti in modestissime riformette, sembra finora essere sfuggita ai più un’altra, opposta, caratteristica del nostro premier. Eppure, ormai dovrebbero far riflettere anche le prove della sua destrezza nel dileguarsi dagli scenari di crisi più preoccupanti: l’Ucraina, la Grecia. 

Titolari con l’autorevole Mogherini della politica estera europea, assenti, senza protestare, dai tavoli negoziali decisivi, siamo stati costretti a rimpiangere che, al suo posto non ci sia un D’Alema, un Enrico Letta preventivamente esclusi da Renzi, sembra di capire, per eccesso di competenza e difetto di servilismo.

Per parlar di casa nostra, già facevano pensare i silenzi di fronte all’ulteriore crescita del debito pubblico, silenzi che hanno accompagnato il modo davvero singolare con cui il governo, licenziando il controllore Cottarelli, ha provveduto a controllare la spesa pubblica.

ANCHE nella materia incandescente e impopolare dell’immigrazionedopo le grida manzoniane con cui si voleva dettar legge all’Europa in materia di accoglienza e di redistribuzione dei profughi, Renzi ha preferito incassare senza repliche, le documentate reprimende dei nostri partners europei. Questi ci hanno accusato: 1) di non rispettare le regole di Dublino che impongono di registrare impronte e dati anagrafici dei profughi; 2) di non rispettare neanche le nostre stesse leggi che impongono di rimpatriare i clandestini o migranti economici illegali che dir si voglia.

ALTRO che “battere i pugni e dar battaglia in Europa”, altro che “Faremo da soli!”. Alla fine, zitto zitto, buono buono, impreparato e senza argomenti, Renzi ha cercato di vendere ai creduloni come un buon compromesso la dura realtà dei fatti, e cioè che voleva suonarle e invece è stato suonato. La stessa deriva nei rapporti tra la Grecia e l’Unione Europea ha mostrato un premier tutt’altro che deciso e impegnato a evitare in ogni modo una rottura e un disastro che ci riguardano direttamente. Da un lato le foto dei summit drammatici lo ritraevano mentre abbracciava Tzipras, dall’altro i suoi portavoce lasciavano trapelare l’appoggio sostanziale alle tesi dei rigoristi.

Anche il dossier del terrorismo islamico che all’inizio del suo mandato vide, nello stupore generale, il nostro premier e i suoi collaboratori vogliosi di intervenire e di menare le mani sembra ormai delegato interamente all’Onu. 

PERSINO l’ultima raffica di attentati nelle vicine e amiche Tunisia e Francia gli ha suggerito solo blande parole di circostanza e mesti rimpianti. Si dice che quando il gioco si fa duro i duri comincino a giocare. Sembra, invece, che quando il gioco si fa duro Renzi preferisca imboscarsi. Aggressivo e arrogante nelle scaramucce domestiche, si fa silenzioso e scompare davanti alle difficoltà gravi e ai contendenti seri. O non capisce o non è un duro. Forse è anche per questo che nei sondaggi è precipitato a quel 36% dove Salvini lo ha già raggiunto.