Elisabetta e l'altra faccia del trono: Filippo, principe di gaffe e battutacce

Sopportato e spesso perdonato, ma resta l'altra faccia del trono

La regina Elisabetta e il principe Filippo

La regina Elisabetta e il principe Filippo

Londra, 20 aprile 2016 - COME si dice: per una battuta mi farei spellare. La più agghiacciante – un vero capolavoro di humour , arte che, come noto, non ha lo scopo di divertire ma di sfondare le quinte del buon senso – il principe Filippo la pronunciò davanti alla famiglia di Stephen Menary, un giovane veterano rimasto quasi cieco per una bomba dell’Ira. Era il 2002, e alla regina fu presentato il ferito. «Quanto può vedere, il ragazzo?», chiese Elisabetta alla madre. «Non molto, a giudicare dalla cravatta», intervenne Filippo. O lo prendi così o che gli fai? Il Duca di Edimburgo, che a 95 anni ancora partecipa a tutte le uscite pubbliche della consorte, è una fetta di monarchia, come l’unicorno di legno stinto dal tempo che regge lo stemma dorato del Regno, e pare chiedersi chi diavolo sarà, dall’altro lato, il leone dritto su due zampe come lui.

UN LEONE , Filippo non lo è mai stato, anche se in grande uniforme barcolla letteralmente sotto la sbarra di medaglie – diciassette – che gli attraversa il petto, e che narra come Philip Mountbatten nato principe di Grecia e di Danimarca, duca di Edimburgo, principe del Regno Unito, conte di Merioneth e barone Greenwich, formi con Elisabetta, dopo 68 anni di matrimonio, l’ultima coppia che abbia servito nella seconda guerra mondiale e che sia tuttora ai vertici di uno Stato.

Dicono che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. A parti invertite, dietro Elisabetta la Grande c’è lui: alto, bello e playboy ai suoi tempi, elegante negli abiti e nel modo in cui li porta, e non si capisce se amato o sopportato (forse entrambe le cose) dai sudditi. Di politicamente corretto non ha nulla. Va a caccia con la doppietta nella brughiera, certamente approva chi cavalca dietro alle volpi e sembra anche un po’ razzista, almeno dalla battute che snocciola: «Vi tirate ancora lancia e frecce?», chiese compìto a un aborigeno durante la visita in Australia nel 2002.

Eppure è perfetto: non esprime opinioni politiche, o di qualsiasi altro tipo, almeno dalla fine della guerra, a differenza del principe Carlo che tutti i giorni se la prende con architetti, fabbriche e polli che non siano allevati a terra. Sa intrattenere senza un attimo imbarazzante silenzio il ‘numero due’ – come è lui – di ogni coppia di Stato che Elisabetta riceva o vada a visitare. Sempre lo stesso gesto: stacca le mani placidamente congiunte dietro la schiena, e con il dito indica discreto cornicioni e finestre di alti palazzi per chiedere di quale stile siano.

NON È che si chieda altro, in Gran Bretagna, dopo le rivoluzioni inglesi e dopo Cromwell. Passato il primo sbigottimento, i sudditi che incontrano il Duca lo trovano bizzarro, il che è british come la carne di agnello. «Ho sempre avuto rispetto per la famiglia reale e non l’ho perduto – disse ad esempio al Mail la madre di Menary, il soldato cieco, dopo l’incontro con Filippo – ma certo è uno strano uomo con uno strano senso dell’umorismo». Perdonato.