Riforma Rai, il governo battuto sul canone con 19 'ribelli' Pd. Guerini minimizza: 'Può capitare' Ira di Orfini: "Si smonta il partito"

Con 121 sì contro 118 no, l'Aula ha approvato alcuni emendamenti soppressivi dell'articolo 4 del ddl di riforma della Rai. M5S: Renzi fermi le nomine

Lorenzo Guerini e Matteo Orfini alla Camera (Lapresse)

Lorenzo Guerini e Matteo Orfini alla Camera (Lapresse)

Roma, 30 luglio 2015 - Sulla Rai il governo e la maggioranza sono stati battuti al Senato in occasione delle votazioni su emendamenti della minoranza Pd, Forza Italia e Movimento 5 Stelle, che sopprimono l'articolo 4 del ddl di riforma della Rai.

L'articolo 4, ora soppresso con 121 sì e 118 no, prevede la delega al governo per la disciplina del finanziamento pubblico della Rai. Le opposizioni in pratica tolgono al governo la delega sul canone. La maggioranza e il governo sono stati battuti per soli tre voti.  A presentare emendamenti soppressivi dell'articolo 4 sono state tutte le opposizioni, compresa la minoranza del Pd. Non solo quindi M5S e FI, ma anche Sel e Lega.

IL PD: SI VA AVANTI - Il Pd vuole che il Senato arrivi domani al voto finale sulla riforma Rai anche dopo la soppressione a sorpresa grazie alla sconfitta nel voto di Governo e maggioranza dell'articolo della legge approvata in commissione che delega il governo a rididefinire la disciplina del canone Rai.  "Quello che è avvenuto in aula oggi - ha annunciato in una dichiarazione il vicepresidente del Gruppo del Pd al Senato Giorgio Tonini- non ferma né annulla il percorso positivo del provvedimento sulla Rai in Senato, né la sua impostazione. La soppressione di questo articolo non mette in discussione una riforma che riguarda soprattutto il modello di governance della Rai. Sono convinto che possiamo arrivare a palazzo Madama nelle prossime ore all'approvazione finale del provvedimento". 

Minimizza anche il vicesegretario del partito Lorenzo Guerini: "Può capitare ed è capitato in altre occasioni di andare sotto su qualche emendamento, è successo in tutti i provvedimenti, è fisiologico. Anche in questo caso la differenza l'hanno fatta gli assenti: 121-118. Tra l'altro l'emendamento è su un punto non importante. Se necessario lo correggeremo alla Camera".

I 19 RIBELLI DEM - Sono 19 i senatori della minoranza Dem che hanno votato l'emendamento soppressivo dell'art. 4 della riforma Rai, che ha visto il governo andar sotto per 3 voti, accompagnati da 2 senatori di Ala, il nuovo gruppo di Verdini che dovrebbe essere la "stampella" del governo almeno in termini di numeri al Senato. Significative le assenze dei verdiniani: in un gruppo di 10 disertano il voto in 7. Non hanno votato invece 12 del Pd (uno di loro però è il presidente del Senato Grasso).

L'autore dell'emendamento dem, Federico Fornaro, spiega: "Avevamo chiesto in tutti i modi di accantonare l'articolo 4, ma loro non ci hanno ascoltati. La delega al canone così come l'avevano concepita era troppo generica. Così abbiamo votato il nostro emendamento soppressivo e siamo stati determinanti". "Cosa accadrà ora? Non lo so - continua Fornaro - dipende da quello che decideranno loro... Del resto l'esperienza del Jobs Act qualcosa ci ha insegnato. Quando uno si scotta con l'acqua calda, poi anche quella tiepida alla fine fa male...".

ORFINI BACCHETTA -  "Quanto accaduto oggi al Senato è incomprensibile. Se il voto in dissenso dal gruppo diventa non un'eccezione limitata a casi straordinari ma una consuetudine, significa che si è scelto un terreno improprio per una battaglia politica. Così non si lavora per rafforzare un partito ma per smontarlo. Dispiace che a farlo sia proprio chi ha predicato per anni il valore dell'unita' interna", afferma il presidente del Pd, Matteo Orfini. 

Immediata la replica di Miguel Gotor, uno dei 'ribelli': "Matteo Orfini, venendo meno al ruolo di terziarietà e di equilibrio che dovrebbe caratterizzare il suo ruolo di presidente del partito, ci accusa di 'voler smontare il PD'. Sbaglia: siamo impegnati a preservarlo ancorato al centrosinistra e alle radici dell'Ulivo, contro ogni trasformismo e pratica della doppia morale. Piuttosto chi sta smontando per davvero il Pd?". 

NOMINA AD, IL GOVERNO APRE -  La minoranza Pd ha ritirato gli emendamenti all'art. 2 al ddl Rai che è di fatto il cuore della riforma e che riguarda la nomina dell'amministratore delegato. Lo ha fatto sulla base dell'apertura del governo a riflettere sulla questione della fonte di nomina dell'ad nel passaggio che la riforma dovrà fare alla Camera per diventare legge. L'emendamento, prima firma Fornaro, prevedeva che fosse il Cda a nominare l'ad non più su proposta dell'assemblea azionista, ovvero del Mef.

APPELLO M5S A RENZI - Il Movimento Cinque Stelle propone al governo di rinviare le nomine del nuovo cda Rai: "o la riforma o le nomine" è la proposta del senatore Alberto Airola, che prende la parola in aula subito dopo il voto che ha visto il governo essere battuto su un emendamento che riguarda il finanziamento pubblico. "Decidete cosa volete e soprattutto cosa vuole la maggioranza - dice Airola - nei lavori parlamentari siamo riusciti ad avere un dialogo che crolla ora perché arriva il diktat di Renzi sulle nomine. Io propongo: vogliamo finire l'esame di questo ddl e votare a settembre il cda dando a tutti i tempi adeguati? Il governo decida: 'o la botte piena o la moglie ubriaca'. Non tutte e due. O Renzi si prende i superpoteri dei manager e le nomine, oppure si fa la riforma. Fermiamoci un attimo e rimandiamo a dopo l'estate la nomina del cda Rai", chiede il Movimento Cinque Stelle.

Lapidario il tweet di Beppe Grillo:

BRUNETTA AL VELENO - "Governo battuto a Palazzo Madama su riforma Rai. Verdiniani o non verdiniani maggioranza non c'è più. Good morning Vietnam-Senato. Ciao Renzi", twitta il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio.

 IRONIA GASPARRI - "Renzi in materia di Rai continua a cambiare verso", dichiara in una nota il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri. "Il suo governo applica la legge Gasparri che lui aveva aspramente criticato, in aula al Senato ha subito una cocente sconfitta con la cancellazione dell'articolo 4 che dava al governo una delega in materia di canone mentre l'altra delega, quella dell'articolo 5, è stata ampiamente ridimensionata. Noi volevamo sopprimerla o neutralizzarla, ma comunque il testo che è stato poi votato dall'aula la limita a un semplice processo di riordino e semplificazione di norme riguardanti il servizio pubblico ed esclude tutto il resto delle attività di comunicazione con riferimento alle evoluzioni tecnologiche". 

SEL: ARROGANZA PUNITA - "La cancellazione dell'art. 4 del ddl Rai impedisce che sia affidata al governo una enorme delega in bianco sul finanziamento del servizio pubblico e sulla regolamentazione delle emittenti locali. L'arroganza del governo, che ha preteso di andare avanti di corsa aggirando ancora una volta il Parlamento, è stata punita", afferma la presidente del gruppo Misto-Sel Loredana De Petris. "Se il governo avesse voluto varare una vera riforma del servizio pubblico, su questo punto cruciale si sarebbe confrontato con il Parlamento invece di tentare la solita prova di forza. A questo punto - prosegue la presidente De Petris - il governo deve decidere cosa fare: se è interessato solo a riformare la governance, e in questo caso non ha senso rinnovare immediatamente il Cda come il governo e la maggioranza della commissione di Vigilanza hanno deciso di fare. Se invece vuole operare una seria riforma del servizio pubblico deve darsi tempi più lunghi e confrontarsi seriamente, dopo la pausa estiva, con il Parlamento", conclude De Petris.

RINNOVO CDA -  La Commissione di vigilanza sulla Rai si riunirà martedì prossimo per il rinnovo del Cda dell'azienda di viale Mazzini, ha stabilito l'ufficio di presidenza della Commissione. Si sono espressi contro la convovazione di martedì M5S, Lega e Sel.

IL COMMENTO DELLA BOSCHI - Il voto in Senato sulla riforma della Rai che ha visto andare 'sotto' il governo è stato dovuto" in parte alle assenze, ma anche al fatto che un pezzo del nostro partito ha votato assieme a Forza Italia, Lega e Movimento 5 Stelle. Nel merito non mi preoccupo, perché possiamo cambiare di nuovo la legge alla Camera. Nel metodo avere una parte del partito che vota contro il Pd vuol dire essere legati a logiche di corrente e non guardare al futuro dell'Italia". Queste le parole del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, intervenendo alla Festa dell'Unità di Roma. E ancora: "Spero che FI cambi nuovamente idea e torni tutta a votare le riforme al Senato. Non è un problema di numeri ma di valori. Non credo che nei voti finali sulle riforme avremo problemi di numeri".