Mercoledì 24 Aprile 2024

Quei binari verso il Colle

Le certezze sull'elezione del prossimo presidente sono poche e provengono soprattutto dai binari della Costituzione. Napolitano ha fatto capire che dal 13 gennaio, fine del semestre Ue, ogni giorno può essere buono per dimissioni che non debbono essere accettate. A quel punto gli farà da supplente il presidente del Senato, mentre quello della Camera convocherà entro quindici giorni il collegio elettorale (parlamentari e delegati regionali). Nella seconda parte di gennaio, prima di arrivare ai primi tre scrutini in cui è richiesta la maggioranza di due terzi, il calendario parlamentare è stato organizzato in modo da approvare la riforma elettorale al Senato e costituzionale alla Camera: non sono le letture finali, ma, dopo quelle, entrambi i testi saranno assestati, pronti per il via finale. Si tratta però di votazioni a scrutinio palese mentre quella del Presidente ha incognite molto maggiori perché il voto segreto è sempre problematico, anche quando, come dalla quarta votazione, si scenderà alla maggioranza assoluta.

I dubbi sul segreto dell’urna sono legati allo stato di salute dei gruppi parlamentari. Rispetto al 2013 stavolta l’elezione non si sovrappone alla formazione del Governo e c’è in più il deterrente dello scioglimento anticipato: un’elezione lunga e lacerante potrebbe condurre a quell’esito negativo per i parlamentari in carica, mentre così non poteva essere a inizio legislatura. Il sistema resta però frammentato, con una forza di opposizione, i 5 Stelle, che sembra orientata ad autoescludersi e con due minoranze consistenti dentro il Pd e FI. Per queste ragioni un’elezione nei primi tre scrutini sembra fuori dalla portata. Viceversa, appena si passerà alla maggioranza assoluta, è probabile che un candidato di centrosinistra votabile dal centrodestra possa affermarsi, specie se la sua designazione fosse preparata dal presidente del Consiglio con un forte coinvolgimento dei grandi elettori Pd. Quanto poi al concreto svolgimento del mandato, se si tratterà cioè di un Presidente più o meno interventista, attenti a confondere le cause con gli effetti: ciò non dipenderà né dal percorso biografico precedente né dal tipo di accordo che condurrà all’elezione, ma dallo stato di salute del sistema politico. Se quest’ultimo migliorerà, anche grazie alle riforme elettorali e costituzionali, il Presidente potrà ritrarsi di più in ruolo notarile, altrimenti sarà costretto, anche controvoglia, a fornire prestazioni di unità.

Twitter@StefanoCeccanti